Banco di prova delicato per il Governo con la nomina dei vertici della Cassa. Poi confronto sulla riforma. I nomi sul tavolo
«Ho condiviso con il presidente di Acri e Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti, che ringrazio per la fiducia accordatami, la decisione di non proseguire con un secondo mandato alla presidenza di Cassa depositi e prestiti». Con le parole del numero uno di CDP Claudio Costamagna, voluto da Matteo Renzi nel 2015 al vertice dell’istituto di via Goito, si aprono ufficialmente i giochi per la guida della principale società controllata dal Ministero dell’Economia.
Accanto al MEF (che detiene l’82% del capitale) a cui per consuetudine spetta la designazione dell’amministratore delegato, l’altro grande protagonista della partita è rappresentato dal gruppo di fondazioni bancarie (riunite nell’Acri), e che tradizionalmente indica il nome del presidente. La Cassa è al centro di molteplici interessi. In ballo ci sono 340 miliardi di euro di risparmio degli italiani, troppi per non richiamare l’attenzione della politica che, il prossimo 20 giugno, vorrà sedersi al tavolo in occasione del rinnovo della governance societaria.
Il passo indietro di Costamagna, per certi aspetti, era prevedibile. La sua riconferma era stata messa in discussione la sera stessa della firma del contratto di governo, insieme alla mission generale della Cassa. Nell’accordo sottoscritto da Matteo Salvini e Luigi Di Maio si prevede la nascita di una «Banca» per gli investimenti, lo sviluppo dell’economia e delle imprese italiane, partendo da quanto esiste già. Benché non detto esplicitamente, dunque, il desiderio dell’alleanza giallo-verde va in direzione di una rivisitazione del ruolo della Cassa, molto più interventista, come ampiamente preannunciato.
Più facile a dirsi che a farsi naturalmente. Il primo ostacolo che il nuovo esecutivo dovrà affrontare porta il nome di Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo e dell’Acri, che nei giorni scorsi non aveva avuto mezze parole, bollando il progetto di ipotizzata metamorfosi («ci opporremo senza esitazioni alla trasformazione della Cassa in una banca pubblica»), pur non escludendo un cambio di passo nell’attuale operatività della società: «La CDP può essere una banca più vicina alle PMI, tutto dipende da come lo si fa».
Per dar vita al nuovo corso serve un management che condivida la visione strategica (e politica) del nuovo quadro istituzionale. Dato in uscita, analogamente al presidente, anche l’amministratore delegato Fabio Gallia, in queste ore i nomi che circolano per il rinnovo dei vertici dell’istituto vedono in pole il banchiere Massimo Tononi, anche lui con un passato in Goldman Sachs come Costamagna, sottosegretario al tesoro nel primo governo guidato da Romano Prodi e collaboratore di questo ai tempi dell’IRI. Il nome di Tononi appare strategico in virtù del suo passato alla direzione del Monte dei Paschi di Siena. Lo storico istituto di Rocca Salimbeni torna così all’attenzione della politica. In molti sono pronti a scommettere che proprio la più antica banca italiana possa essere affiancata a CDP creando, in tal modo, l’ossatura per la tanto auspicata «banca» degli investimenti penta-leghista, ipotesi ancora più verosimile per il forte interessamento al progetto del responsabile economico della Lega, il senatore Claudio Borghi, eletto proprio in Toscana.
Per lo scranno di amministratore delegato sono in corsa il «Ciampi boy» Dario Scannapieco, attuale vicepresidente della Banca europea per gli investimenti e il capo di Deutsche Bank in Italia Flavio Valeri (che però si è affrettato a smentire), molto vicino al M5S. Defilato, ma probabile outsider, il dirigente di Mediobanca Antonio Guglielmi, qualora la sua nomina a Direttore Generale del MEF non andasse in porto. Non si esclude nemmeno una crescita interna (soluzione che metterebbe d’accordo), con l’attuale direttore finanziario Fabrizio Palermo promosso al vertice. In subordine, il CFO della Cassa potrebbe ricoprire il futuro ruolo di direttore generale. La Lega, al momento, sembra non toccare palla sulla partita. Debole appare l’ipotizzata candidatura del Carroccio di Massimo Sarmi (ex Poste).
Da queste grandi manovre si intuisce facilmente come l’Istituto di via Goito rappresenti sempre più il crocevia dei destini finanziari del Paese, legittimando in tal modo la politica a sospirare «siamo tutti sulla stessa banca».