Legge elettorale, maggioranza di governo, rapporti Pd-esecutivo, referendum, coalizioni e una strana storiella…
di S.D.C.
Nei soliti ambienti bene informati si racconta una storiella un po’ fantascientica. Ma fino a un certo punto. Un po’ di suspence, ne parliamo dopo. Intanto, registriamo come gli ultimi avvenimenti sotto quello che il buon Chicco Mentana chiama il “cielo della politica”, siano già così tante che il post scioglimento delle Camere e la campagna elettorale che ci porterà, presumibilmente, alle urne primaverili, chissà cosa ci potranno ancora riservare.
L’approvazione della legge elettorale, in primo luogo, dopo anni di inutili tentativi. Avvenuta con una maggioranza inedita in questa fase (ma non in precedenza) ovvero l’appoggio palese, decisivo, dei verdiniani di Ala e semi-ufficiale dell’opposizione (FI e Lega). Risultato: è nato il governo di minoranza Gentiloni, che vivrà ancora solo per evitare l’esercizio provvisorio dei conti del Bel Paese sotto l’occhio vigile del Quirinale. Poi, forse, lo Ius Soli e tutti a casa.
Ma il Rosatellum 2.0 avvantaggia davvero solo il centrodestra (che si coalizza) e “martella” il PD che sembra ancora veleggiare nell’ansia renziana della maggioranza autosufficiente? Al momento così sembra, sulla base degli attuali sondaggi e del responso degli studiosi. Chissà però tra quattro/cinque mesi. Per ora a Renzi premeva rendere inoffensivo Mdp e condizionare Pisapia oltre, naturalmente, relegare in un angolo i Cinque Stelle, in testa come primo partito però con la fissazione (pure loro) dell’autosufficienza. Insomma, i conti sarebbe un errore farli adesso. Per dire che il PD si è suicidato, c’è ancora tempo… e la “grande coalizione” resta tuttora in fondo al tunnel come lo sbocco più probabile.
Intanto Gentiloni da una parte riceve la tirata di giacca del presidente emerito Giorgio Napolitano per aver ceduto alle “pressioni improprie” di Renzi sulla legge elettorale, ma poi si rifà il look resistendo alle medesime sulla nomina del Governatore Visco a Bankitalia. Insomma, si destreggia pur tra mille difficoltà e se poi conducesse in porto, senza contraccolpi, la manovra finanziaria “con chi ci sta per il bene del Paese” e facesse pure approvare lo Ius Soli chiuderebbe perfino in bellezza. Un gioco delle parti (Renzi: “sto con i risparmiatori”; Gentiloni: “istituzioni da salvaguardare”), che solo la prova dei fatti potrà o meno validare.
Centrodestra con il vento in poppa dopo il referendum lombardo-veneto? Dipende. Per esempio, la spaccatura ora più evidente nella Lega tra il “quasi secessionismo” di Zaia e l’autonomismo maroniano non giova alla coalizione in costruzione. Da una parte perché indebolisce Salvini; dall’altra perché introduce un elemento di azzardo (Zaia) all’interno della voglia di moderatismo berlusconiano; senza dimenticare, in mezzo, il crescente isolamento di Fratelli d’Italia su posizioni nazionalistiche, sofferenti di fughe in avanti leghiste più o meno spinte. Certo, tutti nel centrodestra, alla fine, faranno mostra di buon viso a cattivo gioco (“in primis vincere, poi si vedrà…”) ma questo significherà pure offrire un’arma elettorale non da poco alla campagna degli antagonisti. Si vedrà.
E veniamo alla storiella. Dunque, la tesi di base è che, fermi i grillini con tanti voti presi ma insuffienti e quindi congelati, nemmeno il centrodestra ce la farà, nonostante il Rosatellum 2.0, a raggiungere l’agognata ma non facile maggioranza assoluta. Dunque grande coalizione col Pd a sua volta perdente ma non troppo? Nemmeno questo. Perché l’insorgere, questa volta scoperto, delle differenze politiche tra i partiti del centrodestra e la fronda interna della minoranza PD, impediranno la nascita di un esecutivo. A questo punto, esperiti i vari tentativi, il buon Mattarella si rifiuterà di fare il solito governo istituzionale di traghettamento e indirà subito nuove elezioni. Riesumando fino ad allora il governo dimissionario. Un Gentiloni-bis che ha fin qui ha sempre avuto la sponda sicura del Quirinale. A quel punto, con un Renzi fortemente indebolito dall’esito elettorale e più disposto a miti consigli pur di mantenere la segreteria, proprio l’attuale premier potrà provare a costruire il nuovo Ulivo (o simili) per misurarsi, con ben altre prospettive di successo, con le urne. Ma questa è solo una storiella. Oppure no?