Intelligenza artificiale, realtà aumentata e sensoristica rappresenteranno la nuova spina dorsale globale, grazie alle innovazioni introdotte dalle reti 5G. Ma è ancora aperto il fronte delle regole, per adesso ancora non in grado di governare il futuro
di Alessandro Alongi
Elettrodomestici che comunicano tra loro, contatori elettrici che in autonomia decidono a quale fornitore è più conveniente rivolgersi in un dato momento, auto iperconesse che trasmettono le condizioni del veicolo al telefono del proprietario, SIM sempre più ‘embedded’, presenti in tutti gli oggetti che ci circondano. Per non parlare di nuovi mercati nascenti, come quello dei robot e dei droni o della complessità delle smart city. Fino a poco tempo fa sarebbe stato uno scenario da film di fantascienza, mentre oggi tutto ciò sta diventando cronaca grazie alla nuova tecnologia di telefonia mobile che cambierà il nostro modo di vivere.
Governo soddisfatto e operatori telefonici pronti ad innovare: questo, in estrema sintesi, l’esito delle gare 5G. Da poco concluse le aste che hanno assegnato le frequenze ai diversi operatori telefonici (competizione a suon di rialzi che ha permesso di portare nelle casse pubbliche più di 6 miliardi di euro) adesso tutto è pronto per avviare i cantieri del futuro.
Chi si aspetta di rivoluzionare subito la propria vita grazie alla tecnologia, però, rimarrà deluso. Sarà una transizione lenta e progressiva, legata all’andamento della domanda dei nuovi servizi, e che coinvolgerà – a partire dal 2020 – le città italiane interessate alle sperimentazioni avviate qualche anno fa (Matera, Bari, Milano, L’Aquila e Prato). Tutti gli altri centri urbani dovranno attendere, secondo le previsioni, almeno il 2022. Le premesse per l’inaugurazione della Gigabyte society, però, ci sono tutte.
Ma quali saranno i reali vantaggi delle nuove reti? Innanzitutto la velocità di connessione, cosa che permetterà, ad esempio, di scaricare un intero film in pochi secondi (nella più realistica delle ipotesi un film di due ore si potrà scaricare in 30 secondi), grazie ad una velocità di download fino a 1000 volte più veloce dell’LTE, attuale standard in uso. Ma proprio la velocità sarà il driver per gli impieghi più innovativi di tale tecnologia.
Si inizierà con tutte quelle applicazioni pratiche basate sull’Intelligenza Artificiale, come le auto senza guidatore, passando per le città intelligenti (a tal proposito Google ha già avviato i lavori per la sua prima smart city), all’industria, sino alle abitazione, disegnando un nuovo modo di vivere le mura domestiche. Domotizzare le case, infatti, sarà la prossima sfida tecnologica, cosa che sarà possibile grazie alle nuove reti e all’applicazione dell’Internet of Things, dove ogni dispositivo sarà interconnesso ad altri apparati e tutti insieme permetteranno di gestire molte funzioni, a beneficio dei casalinghi di domani. Altro vantaggio dei prossimi apparati 5G i minori consumi (si stima che le batterie avranno una durata superiori alle 10 volte rispetto alle attuali, ampliando quindi l’autonomia e le opportunità).
Ma se, dal lato tecnico, le soluzione sono già in cantiere, in ambito normativo, invece, le nuove regole non sono ancora pronte, e stranamente il dibattito intorno a questo tema pare sopito. Con quali leggi affronteremo il futuro?
È questa la principale domanda che attende ancora una chiara risposta. E i problemi non sembrano essere soltanto regolatori ma anche etici. Ne è un esempio il dibattito in corso sulle auto a guida automatica. L’Intelligenza artificiale che governerà la plancia di guida sarà chiamata ad effettuare delle scelte, ad esempio, in prossimità di un incidente: salvare la vita del passeggero o quella dei passanti che attraversano la strada? O magari distinguere se chi attraversa la strada è un bambino – forse salvandolo in previsione della vita tutta da vivere – o un anziano, investendolo, in virtù di un’esistenza ampiamente giù vissuta? O come programmare l’algoritmo in previsione di una donna in gravidanza che attraversa fuori le strisce? Ma soprattutto, il legislatore, deve imporre regole alla progettazione del software delle auto imponendo, in tal modo, un modello etico di Stato? E se si, con quali priorità rispetto alla vita e alla morte?
Non secondario il problema della responsabilità civilistica: se un’auto a guida automatica dovesse provocare un incidente, di chi sarebbe la colpa? Non del guidatore, di certo, visto che egli non ha nessun controllo sul mezzo, e neppure il produttore, perché la macchina è governata dall’Intelligenza artificiale e, di conseguenza, non può essere ritenuto colpevole di alcunché. Rimane l’algoritmo (lo sbaglio è di chi l’ha programmato oppure di chi l’ha commercializzato?), ma come si fa ad attribuire una responsabilità specifica ad un codice automatico?
Questi e molti altri interrogativi su cui il Parlamento europeo si è iniziato ad interrogare, cercando di comprendere quali norme di diritto civile è possibile applicare alla robotica ma, al momento, al di fuori di questi tavoli, nessuno sembra occupato a pensarci, forse perché impegnato ad immaginare di scaricare la sua serie preferita in pochi secondi.