La popolare piattaforma frenerà la raccolta dei dati correlati ai video dedicati ai minori. Difficile dire se l’iniziativa costituirà un lavacro lustrale per il sito o se, al contrario, la tutela dei minori online sarà sempre minacciata dall’ingordigia di informazioni personali
YouTube prova a restaurare la propria immagine dopo i recenti scandali che l’hanno vista (suo malgrado) protagonista nell’uso dei dati, in particolar modo quelli dei bambini che navigano tra i video a loro dedicati.
Appena un anno fa, infatti, diverse associazione americane si erano stracciate le vesti di fronte alla scarsa chiarezza con la quale il sito web raccoglieva le informazioni personali dei minori che utilizzavano la piattaforma e il successivo utilizzo di tali dati per confezionare e indirizzare pubblicità fatte a misura di fanciullo. A seguito di tali doglianze l’Antitrust USA aveva avviato un approfondimento teso a verificare se le pratiche adottate dal gigante californiano violassero il Children’s Online Privacy Protection Act, istruttoria conclusasi qualche mese fa con una sanzione da 200 milioni di dollari.
Forse anche per questo, il quartier generale del sito ha deciso di apportare qualche cambiamento alla propria politica relativa ai minori. La settimana scorsa la celebre piattaforma video ha annunciato che limiterà la raccolta dei dati di navigazione sui video dedicati ai bambini, a partire già da questo mese di gennaio.
Addio, dunque, ai commenti leggibili sotto le marachelle di Masha e Orso o ai pop up che allegramente balzavano all’attenzione dei più piccoli intenti a seguire le avventure di Peppa Pig. Stop ai suggerimenti di qualsiasi tipo, sia essi pubblicitari o di rimando ad altri video collegati a quelli in visione da parte dei bimbi, da tempo facile preda dei predoni del web.
Se, da una parte, le associazioni dei consumatori festeggiano, meno soddisfatti sembrano essere tutti coloro i quali oggi creano e diffondono contenuti gratuiti dedicati ai giovanissimi, la cui unica fonte di remunerazione derivava – sino ad ora – dalla raccolta pubblicitaria legata proprio alla pubblicità visibile ai margini delle clip.
YouTube, la principale piattaforma web utilizzata per condividere e visualizzare video in rete, con i suoi 1,5 miliardi di spettatori nel mondo, rappresenta in assoluto l’applicazione di video-sharing più utilizzata. Per questo l’iniziativa assunta è da considerarsi non priva di conseguenze (benefiche) sui piccoli spettatori, tempestati da messaggi pubblicitari e, cosa ben peggiore, analizzati in ogni loro spostamento nello spazio virtuale. Ma tutto ciò basterà a proteggere la privacy dei minori? L’iniziativa ha riacceso la polemica sui dati che quotidianamente gli utenti offrono liberamente sul web, sovente in maniera inconsapevole.
In Internet nulla è gratis e non ci sono benefattori: i servizi offerti dai giganti di Internet, sotto mentite spoglie filantrope, scandagliano le nostre abitudini, preferenze e informazioni personali, offrendoci in cambio la possibilità di accedere e vivere nell’ambiente digitale. Come un moderno Pollicino, navigando, condividendo, pubblicando immagini e dispensando “like”, ognuno di noi lascia lungo la propria strada dei frammenti, piccole briciole di vita di cui il web si nutre a proprio vantaggio.
I dati personali degli utenti rappresentano, oggi, il “Sacro Graal” dell’Economia digitale, ma il governo di tale risorsa, ormai fondamentale per la stessa democrazia, non risiede nelle mani di un potere pubblico, bensì in quelle di aziende private, che faticano a proteggere la privacy, tutelare il diritto d’autore o il propagarsi di fake news, sfuggendo sovente alle loro responsabilità, complice anche una regolamentazione vetusta o del tutta assente.
Nel caso di YouTube, vale proprio la pena di dirlo, chi vivrà “vedrà”.