Ultimo candidato in termini di timing, Enrico Michetti è arrivato dopo lunga trattativa all’interno del centrodestra che ha deciso di puntare su un civico. Michetti rappresenta l’esempio di scuola di cosa deve fare uno sfidante.
Conosciuto solo da una nicchia romana, la prima priorità è stata quella di costruire uno storytelling e farlo conoscere al pubblico. Alla notabilità si sta lavorando soprattutto con un media training spinto, fatto di interviste rilasciate ai giornali ed ospitate in tv e nelle radio. Ma anche con la campagna “Michetti chi?” declinata sia sull’online che sull’offline tramite cartellonistica. Un modo per disinnescare l’attacco di chi lo avrebbe potuto accusare di non essere nessuno.
Lo slogan scelto è “Roma. In persona” attraverso il quale il candidato vuole dirci di metterci la faccia, prendendo di petto la responsabilità politica ed amministrativa dell’Urbe. Uno slogan carente in relazione ai sette capisaldi, ma soprattutto poco coinvolgente ed emotivo per la cittadinanza che viene quasi esclusa dalla sua narrazione.
Un’altra strategia opzionata, che è ricorrente nei candidati di centrodestra italiani, è quella dell’affiancamento perenne dei leader Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Molto amati dagli italiani, specialmente la leader di Fratelli d’Italia, l’affiancamento è volto a instillare – tra i romani – la sensazione che un voto per Michetti sia un voto per loro e per la loro visione politica.
In una città che, secondo i sondaggi recenti, ha voglia di centrodestra dopo la parentesi Raggi, potrebbe essere una mossa azzeccata. Anche se la storia recente non conforta: l’onnipresente Salvini non ha portato alla vittoria Lucia Borgonzoni in Emilia Romagna nelle elezioni Regionali del 2019. La Meloni non è riuscita a spingere Fitto al successo nelle elezioni in Puglia di un anno fa. Sono solo due esempi, che ci dicono qualcosa ma che non evidenziano necessariamente un trend. Roma farà eccezione?