Grande è la confusione sotto il cielo di Kiev e vederci chiaro è veramente difficile. Le informazioni e le ipotesi che circolano sono molteplici, le certezze però molto poche. I toni tra Mosca e Washington sono sempre più accesi e la guerra, a sentire molti canali di informazione, sembra essere una questione imminente.
Nonostante però le fonti d’intelligence americane continuino a parlare di un’invasione russa in Ucraina praticamente certa, quella delle due potenze potrebbe essere semplicemente una strategia e la soluzione della crisi potrebbe ancora passare per via diplomatica.
Numerosi sono stati infatti i contatti tra i rappresentanti dei vari attori in campo nel corso delle ultime settimane, a dimostrazione del fatto che il conflitto militare non è l’unica via percorribile ma l’extrema ratio di una partita complicatissima.
Biden ha avuto recentemente un nuovo colloquio telefonico con Putin, Macron è stato in missione sia a Kiev che a Mosca, così come il neo Cancellare tedesco Scholz e il Ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio.
La sensazione è che per il momento non siano stati fatti ancora grossi passi in avanti, tant’è che la Farnesina, attraverso i propri canali ufficiali, ha invitato i cittadini italiani presenti in territorio ucraino ad abbandonare il paese, mentre l’ambasciata americana è stata spostata da Kiev a Leopoli, a pochi km di distanza dal confine polacco. Episodi che mostrano, come se ce ne fosse bisogno, quanto la tensione sia alta, ma che non chiudono le porte ad un accordo diplomatico.
Nel frattempo la Cina, che nel corso di questa crisi si è avvicinata molto a Mosca in funzione anti-statunitense, sta accusando proprio Washington e gli alleati occidentali, i quali secondo Pechino starebbero adottando una strategia di “infowar” tramite questo costante susseguirsi di annunci di una invasione russa. La Cina è un osservatore più che interessato della crisi ucraina, in quanto, anche in base alle reazioni e ai comportamenti degli Stati Uniti nel corso di questa crisi, potrebbe decidere come agire nella vicenda Taiwan.
In questo contesto di dialogo, e accuse reciproche, tra le varie diplomazie, procedono parallelamente le manovre militari. Nelle scorse settimane le truppe russe hanno iniziato una serie di esercitazioni militari in territorio bielorusso che hanno coinvolto fino a 30 mila soldati.
Anche in Crimea e nel Mar Nero si sono registrate esercitazioni da parte della marina russa tanto da far venire il timore di un possibile blocco navale ai danni di Kiev. In realtà, proprio nei giorni scorsi, le esercitazioni sembrano essere terminate e il Ministro della Difesa russo ha annunciato che alcune unità militari presenti in Crimea per le esercitazioni hanno iniziato a tornare presso le basi permanenti.
Tant’è che questo ha fatto pensare a una situazione che forse si sta facendo meno bollente. La NATO, tramite il suo segretario Stoltenberg, non è molto convinta di questo ritiro e continua a chiedere prove che dimostrino l’effettivo ritiro in corso delle truppe russe lungo i confini ucraini.
Washington continua ad affermare che la Russia è concretamente intenzionata ad invadere il vicino, annunciando il rafforzamento del fianco orientale della NATO.
La situazione insomma è più complicata che mai. Chiaramente la speranza comune è quella di una risoluzione pacifica per via diplomatica della crisi. In caso di conflitto i primi a rimetterci sarebbero sicuramente i civili ucraini che inevitabilmente verrebbero coinvolti in una guerra la cui portata resta ancora indecifrabile.
Anche per l’Europa non sarebbe una situazione semplice, considerato che si ritroverebbe vicino ai propri confini un conflitto armato, oltre al fatto che il Vecchio Continente dipende per un 40% dal gas russo e un terzo di questo passa proprio per i territori ucraini.