Presidente, perché 800 802 036, un numero verde per l’SoS Psoriasi?
Per rispondere in modo più immediato alla domanda di salute dei cittadini. È noto a tutti che la pandemia abbia creato delle situazioni di vuoto nell’assistenza ai pazienti cronici e non solo. Non potevamo più rimanere con le mani in mano e abbiamo ragionato su quale soluzione potesse consentirci di creare un contatto diretto con i loro. Ecco, il numero verde vuole essere un segnale fattivo di vicinanza a chi ha bisogno di parlare con un professionista per risolvere una questione di salute.
Una società scientifica decide di entrare direttamente in contatto con i cittadini-pazienti. Curioso, no?
No, perché il compito delle società scientifiche è anche questo. Piuttosto che demandare, criticare o appoggiare iniziative altrui abbiamo scelto di agire. Senza girarci intorno, il mondo delle società scientifiche è in difficoltà. Autorevolezza e prestigio vanno recuperati tornando in prima linea per difendere non solo gli interessi dei professionisti ma anche il diritto alla salute dei cittadini. Senza timore di assumerci in prima persona tutte le responsabilità del caso! Iniziative come questa del numero verde vanno in questa direzione.
In un quadro di profonda disomogeneità nei servizi offerti c’è qualche regione che la preoccupa di più?
Questo è un punto assai critico e sono effettivamente molto preoccupato. Ad oggi non esiste una mappatura che ci dia un quadro certo della situazione e credo che il numero verde ci darà anche la possibilità di una conoscenza più puntuale delle disomogeneità territoriali. Mi aspetto molto in termini di segnali che arriveranno dai territori dove ci sono differenze culturali nell’approccio alle patologie e ce ne sono fortissime nell’utilizzo dei farmaci o nell’accesso ai centri. Lavorare per eliminare queste differenze è un nostro obiettivo. E per perseguirlo bisogna avere dati certi che il sistema non ci da e per questo ce li andiamo a prendere anche con iniziative come questa.
Nel caso della psoriasi, quali le conseguenze di una presa in carico tardiva?
I ritardi si ripercuotono lungo tutto il percorso di cura. I pazienti, persi dalla rete strutturale, rischiano di sviluppare un livello più alto di malattia, come l’artrite o situazioni di comorbidità a livello metabolico. Ma il problema maggiore è la ripercussione sui normali atti della vita quotidiana, che possono venir non poco condizionati dalla convivenza forzata con una malattia cronica i cui segni sono spesso percepiti all’esterno causando discriminazioni e stigma. Parlo di rinunzie nell’attività professionale, nelle scelte di vita, negli atti personali e nella vita intima. Fino a sfociare in non pochi casi in situazioni di tipo depressivo.
Quanto ha inciso il Covid-19 nell’interruzione delle cure?
Ha inciso molto, perché a macchia di leopardo l’assistenza ha subito delle limitazioni. Interi reparti dermatologici sono stati convertiti per affrontare l’emergenza e assistere pazienti Covid senza un’attività di coordinamento per supplire a tale carenza. In questa emergenza, è emerso la debolezza di tutti i sistemi informatici di gestione, strutturati solo per il controllo dei dati economici e amministrativi, e non per fornire informazione o supporto ai pazienti o ai medici. In pratica, come detto, abbiamo pochi o affatto dati sulla situazione attuale.
Quanto tempo sarà necessario per recuperare sulle liste d’attesa?
Le dico solo una cosa per spiegare la differenza tra dati e vita reale dei cittadini: ci sono casi in cui le liste di attesa si sono allungate a dismisura, altri in cui magicamente non esistono perché per abolire le liste d’attesa è stato abolito il servizio stesso. Dal punto di vista amministrativo è tutto ok, ma che fine hanno fatto quei cittadini, quei pazienti che avevano richiesto l’intervento di un professionista?
Ancora oggi la psoriasi è causa di stigma. Com’è possibile intervenire?
Purtroppo, non credo sia un problema solo della psoriasi. Molte malattie della pelle sono sottovalutate dai nostri decisori e dall’opinione pubblica, pur generando i problemi esistenziali di cui abbiamo accennato prima. I valori sociali del mondo attuale attribuiscono una importanza altissima ai canoni estetici, per cui spesso la qualità di vita dei pazienti affetti da malattie “visibili” della pelle è chiaramente molto più bassa di quella di soggetti colpiti da malattie considerate per tradizionalmente più gravi ma non percepibili dall’esterno. Questa è una sfida in più per noi dermatologi oltre che per i pazienti che si affidano alle nostre cure.