L’uomo soffre meno di frequente di osteoporosi rispetto alla donna, ma quando ha una frattura ha una mortalità 4 maggiore. Le donne hanno quasi il doppio delle probabilità di soffrire di depressione, ma l’uomo ha un tasso di suicidi 6 volte più alto. L’infarto è la prima causa di morte nelle donne, ma nell’80% loro non presentano i tipici sintomi di dolore al petto irradiato al braccio sinistro. A tracciare le differenze di salute nella popolazione maschile e femminile è il Congresso Internazionale sulla Medicina di Genere, che si terrà a Padova il 16 e 17 settembre.
“La medicina di genere – spiega Giovannella Baggio, presidente del Congresso e Professore ordinario di Medicina di Genere all’Università di Padova – non è la medicina della donna e non è una branca a sé stante della medicina, ma una dimensione trasversale alle scienze mediche, che coinvolge tutte le figure professionali impegnate in ambito sanitario. Dall’oculistica alla chirurgia, tutte devono esser ‘ristudiate’ alla luce di questo cambio di paradigma, che è stato introdotto per la prima volta nel 1991 in cardiologia, quando ci si accorse negli Stati Uniti, che tutte le ricerche e gli esperimenti erano stati fino a quel momento condotti su animali e poi su esseri umani, di solo genere maschile”. Ad aver anticipato che il sesso era grado di determinare una predisposizione alla malattia diversa tra uomo e donna, come anche un diverso decorso e sintomi e necessità di cure specifiche fu, 300 anni prima di Galileo, la badessa Ildegarda di Bingen, monaca benedettina vissuta in Germania all’inizio del XII secolo.
Non si tratta solo, pur se importante, di ridurre il dosaggio di farmaci in base al peso corporeo, ma si tratta di studiare il modo diverso in cui le malattie si manifestano e rispondono ai farmaci. Ad esempio, precisa, Baggio “a parità di incidenza di tumori, l’uomo ha una mortalità più precoce. La donna sopravvive meglio alle malattie ma rimane disabile più di frequente e vive in media 4 o 5 anni in più degli uomini ma con diverse patologie. Due terzi delle persone che soffrono di demenza sono donne, e non solo perché vivono più a lungo ma per fattori di rischio genetici, come la apolipoproteina E4″.
“Forte di dati scientifici ormai consolidati, l’Italia – conclude Walter Malorni, professore presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – è stato il primo Paese al mondo ad aver approvato una legge specifica per promuovere la medicina di genere, nel 2018, che prevede un Piano Nazionale basato su 4 pilastri da declinare in un’ottica di genere: lo sviluppo della ricerca, di attività cliniche, di formazione del personale sanitario e della comunicazione al cittadino”.
“La legge 3/2018 ha previsto anche la creazione di un Osservatorio Nazionale ad hoc, insediatosi ad aprile 2021 in seno all’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che ha il compito di monitorare quello che accade sul territorio”, spiega Elena Ortona, componente dell’Osservatorio e direttrice del reparto di fisiopatologia del Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Iss. “Ma – aggiunge Ortona – c’è ancora molta strada da fare per portare queste conoscenze nella vita delle persone, ovvero nell’assistenza, sia sul territorio che in ospedale”.
Organizzato per la prima volta in Italia, il decimo congresso della International Society of Gender Medicine (IGM) si terrà a Padova, città che ospita una delle più antiche Università d’Italia, che festeggia nel 2022 gli 800 anni dalla sua fondazione e la prima a creare la Facoltà di Medicina. All’evento scientifico, interverranno oltre 60 relatori e verranno affrontati argomenti clinici in tutte le specialità mediche, presentate le nuove scoperte e affrontati anche gli aspetti psicosociali.