Il nodo vero della battaglia messo in secondo piano dalle polemiche sull’emendamento Lanzillotta. Intanto, c’è un’intesa
Taxi contro Governo, NCC ai ferri corti con i tassisti, tutti contro UBER. Alla fine, ieri sera, dopo quasi cinque ore di confronto, un’intesa è stata trovata: da un lato l’impegno del Governo a regolare entro un mese il settore del noleggio con conducente (mantenendo però invariato il testo del decreto Milleproroghe su cui è stata posta la fiducia); dall’altro quello delle 21 sigle sindacali a sospendere da subito la protesta e riprendere il servizio pubblico.
Ma il “tavolo” parte in salita e rimane la sostanza dei problemi.
Al centro della disputa un emendamento al Milleproroghe – proposto dalla senatrice dem Linda Lanzillotta – che rinvierebbe l’entrata in vigore di una legge del 2009 che costringe gli NCC a tornare in rimessa dopo ogni corsa. Una norma definita “salva UBER” che finora ha provocato un’interruzione del servizio di sette giorni e scene di guerriglia urbana davanti al Nazareno e a Montecitorio.
Tuttavia gli scontri di questi giorni hanno messo in secondo piano uno scontro tutto interno alla categoria, che ha come protagonista il dominus del servizio taxi degli ultimi 25 anni: la centrale radiotaxi.
L’ultima legge che regolamenta taxi ed NCC risale al 1992. Un quarto di secolo fa in cui le cooperative radiotaxi – tra cui la celebre 3570 che in questi giorni s’è defilata dalle proteste – hanno gestito gran parte delle corse nelle metropoli italiane. Un monopolio che oggi fa i conti con il digitale, la sharing economy e una legislazione obsoleta che risale all’anno in cui facevano capolino sul mercato non le app ma gli SMS.
L’avvento della tecnologia però ha spiazzato anche molti tassisti, in bilico tra la fedeltà alle battaglie della categoria e la scoperta di nuove frontiere digitali che agevolerebbero il proprio lavoro.
Oggi un taxi paga circa 250 euro mensili per aderire ai radiotaxi.
A gennaio l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha aperto un’istruttoria contro alcune centrali radiotaxi romane, colpevoli di aver diffidato i propri tassisti dall’uso di Mytaxi, definito dall’AGCM “fornitore, ai singoli tassisti, dei servizi di raccolta e smistamento della domanda tramite una app per smartphone e tablet”.
La paura dei radiotaxi di essere scavalcati dalla tecnologia ha fatto capolino anche a Milano, dove l’AGCM ha aperto un’altra istruttoria su un altro ricorso di Mytaxi che lamentava “il ricorso a clausole di esclusiva da parte delle società che gestiscono i servizi di radiotaxi all’interno delle aree del Comune di Milano”.
Non solo. L’intenzione di accentrare su di se la gestione delle corse ha portato alcune cooperative milanesi a vietare ai propri aderenti l’utilizzo del numero unico comunale per i taxi milanesi.
La materia è calda e non riguarda solo lo scontro con il legislatore, ma anche equilibri interni che si stanno spostando dal monopolio dei radiotaxi alle innovazioni dei servizi digitali.