Intanto: un contenitore omnibus con due obiettivi, energivori e liquidità gas. E un’assenza: l’upstream
La settimana scorsa, in Parlamento, i ministri dell’Ambiente, Galletti e dello Sviluppo Economico, Calenda hanno presentato la nuova proposta di Sen (Strategia Energetica nazionale): dopo soli 4 anni dalla precedente, lo sforzo programmatico ha stimolato parecchi osservatori che si sono domandati il senso, dati il respiro temporale limitato e comunque incerto sia dell’azione di Governo che dell’attività parlamentare. La vaporosità della precedente Strategia e la sua diciamo limitata utilità, se non come mero quadro di riferimento certo non hanno aiutato: ci rimane comunque il vincolo esterno, ovvero la presentazione del Piano Clima Energia in ambito Ue a dare un senso, almeno prospettico, a tale esercizio.
Le slide presentate sono un contenitore omnibus che abbraccia moltissimi temi, individua obiettivi, alcuni anche in modo concreto, ma poco dice su come si vogliano raggiungere: a circa un anno dall’adozione della Carta di Arese che sembrava voler lanciare in Italia politiche di diffusione della mobilità elettrica, per esempio riemerge il tema unitamente all’analisi della profonda obsolescenza del parco auto.
Si dà una enfasi sull’obiettivo della competitività di sistema, con due obiettivi individuati:
- la tutela delle imprese energivore, con “nuovi sconti sull’onere per gli incentivi alle rinnovabili”. Nulla si dice però se tale abbattimento sarà ribaltato sulle altre fasce di consumatori elettrici;
- il cosiddetto corridoio della liquidità: l’obiettivo dell’allineamento del prezzo del gas sul PSV a quello del TTF verrebbe perseguito dando un ruolo ad un soggetto regolato, penso Snam (non a caso nel piano 2017-21 ha messo €150 milioni di ricavi da nuovi servizi regolati) di acquisire capacità su gasdotti nord europei e rivenderla poi con aste.
- sorge un dubbio, speriamo fugato quanto prima con elementi di maggior dettaglio nella Sen che verrà offerta per la consultazione, che la risultante complessiva di queste operazioni non sia neutra per alcune categorie di operatori e consumatori. Ovviamente, ciò solo se queste misure verranno attuate o meno.
Infine, data la corretta attenzione ai temi della sicurezza dell’approvvigionamento con ipotesi di nuove infrastrutture, monitoraggio delle scadenze di storici contratti long term il tutto nella più ampia consapevolezza del ruolo del gas per la transizione energetica, stupisce la totale assenza di qualsiasi riferimento alla produzione nazionale di idrocarburi. Nella Sen del 2013 vi era un intero paragrafo dedicato (il par. 4.6): la ricognizione ovviamente non si fermava al noto rilevante potenziale estrattivo nazionale ma era consapevole delle difficoltà di sfruttamento sia per le risorse onshore che offshore. Difficoltà sia legate al quadro normativo, sicuramente non migliorato a seguito dell’esito del referendum dello scorso 4 dicembre, sia alla capacità decisionale.
Credo sia necessaria una riflessione sul perché questo settore caratterizzato da fortissime competenze tecnologiche e di sicurezza, rilevanti impatti occupazionali e di investimenti potenziali non possa meritare uno spazio adeguato nell’esercizio della Sen: quella precedente si poneva l’obiettivo, purtroppo non conseguito, di portare dal 7 al 14% il contributo delle risorse nazionali al fabbisogno energetico nazionale. Eppure non contraddicendo assolutamente gli obiettivi di sostenibilità ambientale e del gas per la transizione energetica, gli indubbi benefici economici per il sistema Italia sarebbero tali da meritare un pochino più di ardimento!