L’introduzione del green pass tricolore, ovvero il certificato in grado di attestare l’avvenuta vaccinazione di un soggetto così da consentirgli di circolare liberamente su tutto il territorio nazionale, sembra giungere finalmente in porto.
Dopo le perplessità sollevate dal Garante privacy lo scorso mese nei confronti delle “certificazioni verdi”, l’Autorità guidata da Pasquale Stanzione, all’esito di lunghe interlocuzioni con il Ministero della salute, ha dato parere favorevole sullo schema di decreto attuativo, che attiva la Piattaforma nazionale-DGC per il rilascio di tali attestazioni. Durante gli incontri, il Garante ha ricordato all’esecutivo però la necessità di individuare con chiarezza, in sede di conversione in legge del decreto, i casi in cui può essere chiesto all’interessato di esibire la certificazione verde per accedere a luoghi o locali.
Proprio l’attuale indeterminatezza delle circostanze in cui è richiesta l’esibizione del green pass ha favorito l’adozione, da parte di alcune Regioni, di ordinanze che ne hanno imposto l’uso anche per scopi ulteriori rispetto a quelli previsti nel decreto riaperture e nei confronti delle quali il Garante è già intervenuto.
L’Autorità – pur valutando positivamente, nel complesso, lo schema di Dpcm, che recepisce gran parte delle indicazioni fornite del Garante – rileva alcuni profili sui quali ritiene necessario un intervento di modifica.
In particolare, il Garante ha chiesto chiarezza sulle finalità per le quali potrà essere richiesto il green pass che dovranno essere stabilite con una legge votata dal parlamento. Inoltre, la norma dovrà prevedere che le certificazioni possano essere emesse e rilasciate solo attraverso la Piattaforma nazionale-DGC e verificate esclusivamente attraverso l’App VerificaC19. Tale applicazione, infatti, è l’unico strumento in grado di garantire l’attualità della validità della certificazione verde, in conformità ai principi protezione dei dati personali, garantendo inoltre che i verificatori possano conoscere solo le generalità dell’interessato, senza visualizzare le altre informazioni presenti nella certificazione (guarigione, vaccinazione, esito negativo del tampone).
Quanto alle modalità, invece, con le quali ottenere il green pass, lo schema di decreto prevede che venga messo a disposizione attraverso diversi strumenti digitali (e, nello specifico, il sito web della Piattaforma nazionale-DGC, il Fascicolo sanitario elettronico, l’App Immuni e l’App IO) che permetteranno agli interessati di consultare, visualizzare e scaricare le certificazioni. Per chi è meno tecnologico ci sarà sempre la possibilità di richiedere il certificato al proprio medico di famiglia e al farmacista di fiducia.
Proprio in relazione ai supporti tecnologici per recuperare il green pass, il guardiano della privacy ha ha rinviato l’impiego dell’App IO a causa delle criticità riscontrate in merito alla stessa.
In relazione, infatti, alle problematiche di ordine generale sul funzionamento dell’App IO, l’Autorità di Piazza Venezia ha ordinato in via d’urgenza alla società PagoPA di bloccare provvisoriamente alcuni trattamenti di dati effettuati mediante la predetta app che prevedono l’interazione con i servizi di Google e Mixpanel, e che comportano quindi un trasferimento verso Paesi terzi (es. Usa, India, Australia) di dati particolarmente delicati (es. transazioni cashback, strumenti di pagamento, bonus vacanze), effettuato senza che gli utenti ne siano stati adeguatamente informati e abbiano espresso il loro consenso. E così – almeno per il momento – Immuni si aggiudica il primo round, in una battaglia tutta interna alla tecnologia di Stato di cui, però, a farne le spese sono tutti i cittadini.