Sempre più all’angolo nell’accezione pubblica e nelle strategie nazionali
di LabParlamento
Ormai si parla espressamente e senza mezzi termini di “sindrome da accerchiamento”. Il Petrolio Italia, ovvero quel settore che ancora oggi copre circa il 36% della domanda primaria di energia, risultando la prima fonte nazionale, si considera messo all’angolo sia nella più generale accezione pubblica come pure, e di conseguenza, nella messa a punto delle nuove strategie energetico-ambientali.
Soltanto qualche settimana fa, in sede di discussione del Ddl sulle aree protette, alla Camera, è stato approvato un emendamento in virtù del quale “nei territori dei parchi e nelle aree contigue” sono vietate le attività di prospezione, ricerca, estrazione e sfruttamento di idrocarburi liquidi o gassosi. Dando il via a forti preoccupazioni per l’incertezza del testo e la possibilità assai concreta di un utilizzo sempre più esteso delle aree di esclusione delle attività, fatte salve naturalmente le rigorose salvaguardie ambientali già esistenti.
Più di recente, in Emilia-Romagna, una generale sollevazione cittadina a fronte di esplorazioni in corso, ampiamente autorizzate anche in virtù di una Via regionale con una trentina di “prescrizioni” agli operatori, ha sbattuto il problema sulle prime pagine locali con tanto di scontri stradali.
In occasione di una delle tante audizioni, al Senato, sulla nuova Sen (Strategia Energetica Nazionale) in fase di stesura al Mise, l’Unione Petrolifera ha sottolineato i rischi di quella che per ora è soltanto una ipotesi, pure avanzata “in alcuni contesti istituzionali”, ovvero fissare per legge una data di “phase out” dai combustibili fossili nell’ambito della messa punto dei contorni della transizione energetica cui si sta lavorando, anche ma non solo, per garantire il rispetto degli obiettivi al 2030 posti dalla COP21. Un pericolo, questa ipotesi, che se concretizzato a seguito dell’inevitabile blocco degli investimenti nel settore, avrebbe l’effetto di un “vero e proprio collasso dell’intera filiera industriale”.
Situazione difficile, dunque, anche perché determinata o quantomeno rafforzata dall’annoso problema che si trascina il Petrolio Italia. Non riuscire a fornire (comunicare) all’opinione pubblica un’immagine consona all’importanza e all’impegno pure profusi in una quotidiana attività produttiva che genera un fatturato annuo di oltre 100 miliardi di euro oltre a una quarantina di miliardi di incassi tra accise ed Iva.
Un gap informativo che peraltro non risparmia un altro “fossile”, il gas. Ieri, a Melendugno (Puglia), dove si stanno sbancando (come nei programmi) terreni di ulivi (che saranno ripiantati) per il passaggio del gasdotto Tap, ci sono state dure manifestazioni di protesta che per il momento hanno comportato il blocco dei lavori.