Ancora qualche mese in semi lockdown e si rischia la catastrofe psichica. A dirlo non sono disfattisti e sfiduciati, ma la scienza, secondo cui le interazioni mediate dalla tecnologia (unico modo per mantenere i contatti con chi sta al di la del portone di casa) hanno un impatto – tutt’altro che benefico – sulla mente e sul comportamento.
Il fenomeno della continua mediazione tecnologica delle relazioni interpersonali, subito ribattezzato Zooming (dal nome della più celebre piattaforma di videochiamate, Zoom appunto) avrebbe degli effetti deleteri sulla psiche umana. Secondo quanto riportato da uno studio apparso di recente sulla rivista scientifica Technology, Mind, and Behavior, i ripetuti contatti visivi dei nostri interlocutori, attraverso uno schermo piuttosto che dal vivo, creano un contesto artificioso, lontano mille miglia a ciò di cui eravamo abituati, sovvertendo tutto ciò a cui eravamo abituati, con grave detrimento della salute mentale.
Su Zoom, il comportamento normalmente riservato a relazioni intime, come lunghi momenti di sguardo diretto e facce osservate da molto vicino, è improvvisamente diventata modalità consueta con cui interagiamo con conoscenti casuali, colleghi e persino estranei. Proprio l’eccessiva vicinanza al viso dell’altra persona – del tutto innaturale nella vita normale tranne nei casi di familiari o in ambiti più intimi – produrrebbe uno stress maggiore, con il risultato di farci sentire stanchi, svuotati e privi di forze dopo anche solo due ore di video-conversazione.
La crisi innescata dalla pandemia Covid-19, del resto, ha provocato notevoli stravolgimenti della vita quotidiana, inclusi una serie di restrizioni personali che hanno condotto ad un progressivo allontanamento sociale. Per fortuna, la tecnologia sta supplendo all’assenza di contatto fisico generando nuove modalità di svolgimento di tutto ciò che, sino all’inizio dell’anno scorso, era vissuto in presenza: dall’istruzione, alle relazioni commerciali e produttive, sino all’assistenza sanitaria. Non sempre, però, gli effetti di tale tecnologia sono benèfici sulla psiche umana.
Continuando con i risultati della ricerca, un altro fattore innaturale rispetto alle relazioni “live” è il fatto di vedere continuamente la propria immagine in un angolo dello schermo, mentre si conversa in riunione, come se nella vita reale tutti andassimo in giro con uno specchio e riflettessimo le nostre movenze durante i colloqui con gli altri. Tale cosa, secondo i ricercatori della Stanford University autori dellos studio, crea uno stato di continua vigilanza (sull’immagine dell’interlocutore e soprattutto sulla nostra) che assorbe molte più energie del normale diversamente, invece, dalla quotidianità.
Che l’approccio e le dinamiche su Zoom siano ampiamente innaturali appare chiaro con l’esempio riportato all’interno della ricerca condotta. In un ascensore, ad esempio, quando le persone sono più vicine (e magari estranei tra di loro), tutti sono portati a ridurre al minimo la quantità di sguardo reciproco. Su Zoom accade esattamente il contrario dove, indipendentemente da chi sta parlando, ogni persona guarda direttamente negli occhi tutti i partecipanti ai meeting e per tutta la durata della riunione.
Da un punto di vista percettivo, in definitiva secondo i ricercatori, Zoom trasforma efficacemente gli ascoltatori in altoparlanti e soffoca tutti con lo sguardo.