Ride bene chi ride ultimo. Ora il vaccino russo non suscita più scetticismo. I dati sugli studi clinici del vaccino Sputnik V sono stati condivisi con The Lancet che ha decretato un’efficacia del 91,6%; in un’intervista alla televisione turca, l’amministratore delegato di BioNtech ha confermato che il vaccino russo non ha niente da invidiare a quelli occidentali. Dati significativi sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Jama anche per i vaccini cinesi. Negli studi condotti negli Emirati Arabi Uniti con Sinopharm si è riscontrata un’efficacia dell’86%, del 79% con i trial di Sinovax in Cina. La Russia ha intrapreso accordi di esportazione con 25 Paesi tra cui India e Argentina, e siglato licenze per la produzione con India, Corea del Sud e Kazakhstan. La Cina non è da meno. Accordi di esportazione esistono con decine di Paesi e con Indonesia, Malesia, Brasile e Turchia sono in corso licenze per la produzione delle dosi con il protagonismo dell’Istituto di biologia medica dell’Accademia cinese di medicina, dal 1958 il più grande produttore di vaccini.
E il vaccino sviluppato in Russia è sempre più richiesto, ma per ora non è autorizzato nell’Unione Europea.
A differenza di Pfizer-BioNTech e Moderna, Sputnik V utilizza due tipi di virus ritenuti poco aggressivi (adenovirus), modificati in modo da trasportare le istruzioni per produrre la proteina che il coronavirus sfrutta per legarsi alle cellule e replicarsi. In questo modo, il sistema immunitario impara a riconoscere la proteina senza entrare in contatto con il coronavirus vero e proprio, serbandone poi memoria. Nel caso di una successiva infezione con il coronavirus vero e proprio, il sistema immunitario ha sviluppato le conoscenze per impedirgli di legarsi alle cellule e quindi di replicarsi con il rischio di causare la Covid.