Sono 3563 gli emendamenti che sono stati presentati al DdL Stabilità 2016 per l’esame in Commissione Bilancio del Senato (le votazioni dovrebbero avere inizio nella giornata di mercoledì 11 novembre). A questi si aggiungeranno presto le proposte di modifica che il Governo ha già approntato e che si appresta a portare in Senato. Non è la prima volta che accade un fatto quantomeno curioso: il Governo presenta un testo di legge (in questo caso il più importante provvedimento di finanza pubblica annuale) e già nel corso della prima lettura in Parlamento, durante la fase iniziale dei lavori su un testo “vergine” che è sua diretta espressione, proprio il Governo si affretta a proporre una serie più o meno lunga e più o meno significativa di proposte correttive. Una circostanza piuttosto paradossale che sembra segnalare una precoce (e abbastanza inspiegabile) sconfessione della propria creatura e che lascia intravedere alcune carenze nella fase istruttoria e un’apparente approssimazione nella fase di drafting, oltre che un certo grado di permeabilità agli input esterni (cosa questa non necessariamente negativa). Così la Stabilità (recentemente è accaduto con il DdL Concorrenza e prima ancora con il DdL Green economy, collegato alla Stabilità 2014 e ancora in fase di esame parlamentare) diventa una sorta di documento programmatico, una forma grezza sulla quale il primo attore a voler intervenire è proprio l’autore.
Intanto il panorama politico nazionale è in continua evoluzione, come da tradizione repubblicana. Nel PD si sono registrate le fuoriuscite di alcuni esponenti della minoranza dem, non senza strascichi polemici (il caso Mineo) e provocazioni (l’idea di appoggiare i candidati del M5S alle comunali della primavera 2016). Nel cosiddetto centrosinistra, la dimensione assunta dal PD sotto la guida di Renzi è tale da non lasciare molto spazio a nuove creature (come Possibile di Civati), almeno per adesso. A destra invece il quadro è nettamente più fluido. Domenica 8 novembre, a Bologna, è andato in scena il primo test in vista della possibile nascita di una coalizione elettorale tra Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d’Italia. La strada è ancora lunga ma l’obiettivo è creare un raggruppamento politico che sia capace di arrivare allo scontro elettorale con PD e M5S in condizioni da competitor credibile e non da semplice outsider. Sembra chiaro il tentativo di Salvini e Meloni di provare ad allargare il bacino elettorale dei rispettivi partiti anche ai ceti moderati, magari sperando di far passare in secondo piano le posizioni e i programmi da estrema destra xenofoba. Così come sembra evidente il tentativo di Berlusconi di provare a uscire dall’angolo, di tornare al centro della scena politica ed evitare l’irrilevanza. Un discorso a parte merita il partito di Alfano. Il Nuovo Centrodestra paga la partecipazione ad un Governo molto sbilanciato sul PD, nel quale è la figura di Renzi a essere egemone e nel quale tutti gli altri attori sono relegati a ruoli da comparsa. A lungo andare, la subalternità di NCD a Renzi e al PD rischia di ridurre drasticamente il suo già scarso appeal elettorale. I sondaggi dicono che è il MoVimento Cinque Stelle il più accreditato concorrente del PD. Le importanti elezioni comunali del 2016 (su tutte quelle di Roma e Milano) potrebbero rappresentare il definitivo trampolino di lancio per la formazione grillina oppure potrebbero rivelarsi un’ulteriore occasione mancata dopo quella delle europee del 2014.