Dal 31.1.2020 siamo adusi a barcamenarci con parole terrifiche e catastrofiche. Proprio in questa data il Consiglio dei Ministri ha approvato la prima deliberazione di stato di emergenza nazionale per l’epidemia, poi pandemia, causata dal Covid-19, prorogato più volte e, da ultimo, sino al 31.12.2021.
Quando il massimo organo collegiale del Governo adotta, e reitera, un atto, si dà per scontato che il presupposto per la sua emanazione esista, ossia che al momento della dichiarazione sia presente una situazione, prevista dalla legge, determinante l’emergenza nazionale.
Esiste? Come abbiamo già scritto e documentato, la nostra risposta è “No”. Il d.lgs. 1/2018 indica come presupposto necessario ed imprescindibile per la dichiarazione di emergenza comunale, regionale o nazionale – a seconda della dimensione – una calamità naturale.
Invitiamo il lettore a cercare la definizione di calamità naturale. Non ne troverà alcuna che inglobi l’epidemia o la pandemia, o solo minimamente le associ, per il semplice motivo che sono dimensioni di crisi del tutto diverse fra di loro.
Stato di emergenza: la pandemia può dirsi realizzata soltanto in presenza di queste tre condizioni.
Dal dizionario di medicina: pandemia, ossia “una epidemia con tendenza a diffondersi ovunque, cioè a invadere rapidamente vastissimi territori e continenti. La pandemia può dirsi realizzata soltanto in presenza di queste tre condizioni: un organismo altamente virulento, mancanza di immunizzazione specifica nell’uomo e possibilità di trasmissione da uomo a uomo; epidemia, ovverosia una manifestazione collettiva d’una malattia (colera, influenza ecc.), che rapidamente si diffonde fino a colpire un gran numero di persone in un territorio più o meno vasto in dipendenza da vari fattori, si sviluppa con andamento variabile e si estingue dopo una durata anche variabile.”.
Per il dizionario Franceschetti la calamità naturale si configura dinanzi ad “ogni fatto catastrofico, ragionevolmente imprevedibile, conseguente a eventi determinanti e a fattori predisponenti tutti di ordine naturale, e a loro volta ragionevolmente imprevedibili“.
La calamità naturale, pertanto, non ha nulla a che fare con l’epidemia-pandemia. Il Legislatore, nel redigere un testo onnicomprensivo sulla Protezione civile come il d.lgs. 1/2018, non avrebbe dovuto indicare, almeno una volta, il rischio epidemico fra quelli a causa dei quali occorre intervenire, previa dichiarazione di stato di emergenza comunale, regionale o nazionale?
Curioso che il Legislatore citi nel dettaglio l’inquinamento marino all’art. 24, comma 8, d.lgs. 1/2018, ma non faccia alcun riferimento all’epidemia.
Certamente non è credibile inserire il plesso epidemia-pandemia nella locuzione “rischio igienico-sanitario”, ex art. 16, comma 2, d.lgs. 1/2018.
Il rischio igienico sanitario – di competenza delle ASL – individua e valuta i fattori di rischio chimico e biologico, oltre le relative misure di prevenzione e protezione per la salute dei lavoratori, dei consumatori e degli utenti, nonché le misure di sicurezza per la salubrità degli ambienti di lavoro e professionali, di ristorazione, intrattenimento e commercio, degli edifici e delle strade a partire dalla raccolta e gestione dei rifiuti e, infine, degli alimenti e dei prodotti eno-agro-gastronomici.
Dentro i piccoli argini del rischio igienico sanitario – di competenza legislativa esclusiva delle Regioni – vogliamo cooptare le dimensioni nazionali ed internazionali di una pandemia, di spettanza normativa esclusiva dello Stato?
Sappiamo che la realtà è scioccante, ma non esisteva – e, quindi, non esiste – alcuna base normativa per la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale per rischio epidemico.
La tecnica legislativa non è acqua fresca ma un metodo puntuale, fornito di regole rigorose, di redazione di testi normativi. Se il Legislatore omette in un articolato di inserire una dicitura rimandante ad una fenomenologia ben precisa, significa che non vuole disciplinare al riguardo; né la Costituzione soccorre ai fieri tedofori della emergenza, in quanto essa prevede uno solo “stato di eccezione”: quello di guerra (artt. 78 e 87 Cost.).
Stato di emergenza: la giurisprudenza già si è pronunciata in questo senso
La giurisprudenza già si è pronunciata in questo senso. Ecco parte della motivazione della ordinanza della VI sezione civile del Tribunale di Roma del 16.12.2020.
“Va rammentato infatti che con deliberazione del 31.1.2020 il Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, … ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale in conseguenza del rischio sanitario derivante da agenti virali trasmissibili … Però, con le parole della succitata giurisprudenza (giudice di pace di Frosinone, ndr): ‘Se si esamina la fattispecie richiamata dalla deliberazione sopra citata si potrà notare che non si rinviene alcun riferimento a situazioni di ‘rischio sanitario’ da, addirittura, ‘agenti virali’.
Infatti, l’articolo 7, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 1/18 stabilisce che ‘gli eventi emergenziali di protezione civile si distinguono: … c) emergenze di rilievo nazionale connessi con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo’. Sono le calamità naturali, cioè terremoti; valanghe; alluvioni, incendi ed altri; oppure derivanti dall’attività dell’uomo, cioè sversamenti, attività umane inquinanti ed altri. Ma nulla delle fattispecie di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 1/18 è riconducibile al ‘rischio sanitario’. A ciò è doveroso aggiungere, sempre con le parole del giudice sopra menzionato, che ‘i nostri Padri Costituenti hanno previsto nella Costituzione della Repubblica una sola ipotesi di fattispecie attributiva al Governo di poteri normativi peculiari ed è quella prevista e regolata dall’articolo 78 e dall’articolo 87 relativa alla dichiarazione dello stato di guerra. Non vi è nella Costituzione italiana alcun riferimento ad ipotesi di dichiarazione dello stato di emergenza per rischio sanitario e come visto neppure nel D.Lgs. n. 1/18. In conseguenza, la dichiarazione adottata dal Consiglio dei Ministri il 31.1.2020 è illegittima, perché emanata in assenza dei presupposti legislativi, in quanto nessuna fonte costituzionale o avente forza di legge ordinaria attribuisce il potere al Consiglio dei Ministri di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario’.”.
Quando il diritto “perde consenso” la Storia ci dovrebbe insegnare qualche cosa.