L’assegno unico per i figli è finalmente legge e in Parlamento scatta subito la corsa a rivendicare la paternità di un’iniziativa che le famiglie italiane attendevano da anni. LabParlamento ha ricostruito le tappe di questa proposta di legge il cui primo ddl, a firma dell’onorevole Stefano Lepri del Pd, risale a sette anni fa, mentre la proposta assunta come testo base e poi trasformata in legge è stata presentata dallo stesso Lepri e da Graziano Delrio nel 2018. E sempre Lepri è stato il relatore dell’attuale legge, guidando la sintesi politica che ha portato al voto unanime, senza contrari, alla Camera e poi ieri al Senato. Lo abbiamo così voluto intervistare, per farci raccontare la storia dell’assegno unico.
Onorevole, come e quando è nata l’idea dell’assegno unico per i figli?
Nasce da numerosi studi e dal confronto con altri Paesi europei. Da qui il mio disegno di legge del 2014 (atto Senato 1473) condivisa da una cinquantina di senatori. In Italia abbiamo una giungla di misure a sostegno delle famiglie, che si è ulteriormente infoltita negli ultimi anni: tra il 2014 e il 2018 sono infatti arrivati altri tre bonus, ad aggiungersi alle misure già esistenti.
Qual è la situazione attuale dei sostegni per le famiglie?
Nel nostro Paese le misure di sostegno per i figli sono particolarmente intricate e contorte; alla fine gli italiani non capiscono i benefici dei quali possono disporre in quanto genitori. Questo perché gli assegni familiari in busta paga sono “nascosti”; le detrazioni sono fatte in dichiarazione dei redditi direttamente dal commercialista. Quindi la mancata percezione delle risorse pubbliche era diventato un problema. Oltre a ciò, appare evidente l’iniquità: degli assegni familiari possono disporre solo i dipendenti, mentre chi è incapiente non può utilizzare le detrazioni per i figli a carico. Già nella proposta del 2014 la scelta è quindi stata chiarissima: accorpiamo tutte le misure, le potenziamo e creiamo un unico strumento di sostegno, ovvero l’assegno unico. L’iter parlamentare nella scorsa legislatura ha visto un percorso in Commissione: sono state fatte una quarantina di audizioni, siamo arrivati alla fase emendativa ma poi ci siamo fermati in assenza di stanziamenti adeguati, perché le scelte sono state altre, come gli 80 euro o la decontribuzione per i nuovi assunti.
Sempre nel 2018, la proposta dell’assegno unico entra come una delle prime proposte del programma elettorale del PD.
Quindi arriviamo all’attuale legislatura.
Appena dopo le elezioni, che abbiamo perso, depositiamo un nuova proposta di legge sia alla Camera che al Senato (A.C. 687). Alla Camera, come primo firmatario c’è Graziano Delrio, capogruppo PD: un evidente segno della volontà di tutto il gruppo di sostenere la proposta. E’ stato il primo provvedimento che abbiamo depositato come PD con la nuova legislatura. Una proposta di legge presentata ufficialmente, con tanto di conferenza stampa alla presenza del nuovo segretario nazionale Martina.
Tornati in maggioranza, nel settembre del 2019 chiediamo la calendarizzazione alla Camera.
Nel frattempo la renziana Bonetti diventa ministro. Che succede?
Il percorso parlamentare si raffredda, in attesa che venga approvato il Family Act in Consiglio dei Ministri (maggio 2020). Solo a quel punto si trova un accordo tra le forze politiche di maggioranza: il Family Act contiene le misure in servizi, mentre l’assegno unico procede con la proposta originaria del PD. Da quel punto si lavora di buon accordo con la ministra Bonetti. Sono nominato relatore del provvedimento e, dopo un faticoso e certosino lavoro, a luglio dello scorso anno si approva la legge alla Camera all’unanimità. Fino ad arrivare al 30 marzo 2021, con l’approvazione definitiva. Questo è il percorso.
Come ha reagito alla volontà, da parte di Italia Viva, di far risalire tutto alla Leopolda di fine 2019 e al Family Act?
Sono amareggiato e sorpreso, perché Renzi conosce perfettamente la proposta di legge del 2014, avendola con me discussa e avendo fatto pubbliche interviste e dichiarazioni in proposito. Le ho conservate tutte, proprio perché ci ho sempre sperato. Così come conosce bene la nuova proposta di legge PD del 2018, avendola pure firmata, Non avrei voluto precisarlo ma mi tocca, perché in questi giorni si è arrivati a dire più volte che il tutto è nato da una convention di fine 2019 e si è realizzato per via governativa. Quasi che il percorso parlamentare non sia mai esistito. Quasi che idee, audizioni, confronti, limature, approfondimenti dei deputati e senatori non abbiano valore. Ho lavorato bene con la Ministra Bonetti, che ha talento. Ma non si possono negare i tempi, i fatti e la centralità del Parlamento.
Ora cosa si aspetta?
Mi aspetto che il Governo si concentri sulle cose da fare, più che sulle rivendicazioni di primogenitura. Perché i tempi sono strettissimi e le cose da fare (decreti legislativi e ministeriali) per riuscire a far partire tutto il 1 luglio sono tante. Anche perché le attese degli italiani ora sono tante. E non dobbiamo deluderle.