L’esito delle elezioni europee non ha ancora smesso di esercitare una forte influenza sulle dinamiche interne alla politica italiana.
Il premier Renzi, indiscusso vincitore dalla tornata elettorale, sente la responsabilità di dover tradurre in azioni concrete tutte le idee e le proposte sin qui annunciate e solo in parte incardinate, ed è consapevole che il 40.8% conquistato dal PD può essere, all’occorrenza, utilizzato come deterrente nei confronti di tutti gli altri partiti (soprattutto degli alleati), oltre che della minoranza interna. La legislatura potrebbe avere vita lunga.
NCD di Alfano è necessario come sostegno al Governo al Senato e FI è necessaria per giungere a riforme istituzionali e costituzionali condivise: tuttavia, entrambi non sono pronti per affrontare delle elezioni politiche essendo ancora alle prese, il primo, con la fase costituente del partito, il secondo, con la crisi più acuta mai vissuta dal 1994 in avanti (forte calo dei consensi, la leadership di Berlusconi non più così salda e divergenti e difficilmente conciliabili visioni interne sul futuro del partito).
Il M5S non ha ancora elaborato una chiara strategia di risposta al deludente risultato delle urne (se paragonato a quello del 2013) e al suo interno la discussione si sta incentrando sulle alleanze a Bruxelles: non mancano le critiche al dialogo di Grillo con il discusso UKIP inglese.
Prima della pausa estiva si attendono numerosi provvedimenti del Governo che andranno ad impattare sull’economia (Padoan esclude dolorose manovre economiche correttive), oltre ad un’accelerazione dei lavori in Parlamento su riforma della Costituzione e legge elettorale.
I prossimi due mesi saranno quindi decisivi per valutare il futuro delle riforme e l’effettiva uscita dell’Italia dalla spirale recessiva.