Il Rapporto sull’impatto della disinformazione nel mondo del giornalismo presenta dati inquietanti: il 57% della produzione di contenuti fake riguarda argomenti di politica e cronaca dal forte impatto emotivo. Una precisa strategia del mondo delle fake news?
di Alessandro Alongi
Tra le tante “manine” spesso invocate, forse ce n’è una anche dietro il proliferare di notizie semplicistiche, fuorvianti e, in ultima battuta, sostanzialmente false. Le difficoltà del giornalismo finiscono sotto la lente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, professione messa sempre più in crisi da fake news, malainformazione e precariato. In occasione di un convegno organizzato la settimana scorsa a Roma, l’Autorità guidata da Marcello Cardani ha presentato le risultanze del Rapporto “News vs. fake nel sistema dell’informazione”, primo stralcio della più ampia indagine conoscitiva sulle piattaforme digitali e il sistema dell’informazione.
Lo studio si fonda sui risultati emersi dall’impiego di una metodologia innovativa, che si avvale di una rilevante quantità di dati provenienti da testate, fonti di disinformazione, giornalisti, e cittadini/fruitori di notizie, messi a fattor comune con l’intento di comprendere a fondo il ciclo di produzione, diffusione e propagazione della disinformazione. In particolare, sono stati analizzati 35 milioni di documenti generati da aprile 2016 ad agosto 2018, da 1.800 fonti informative inclusi nelle liste di fonti di fake news redatte da organizzazioni esterne specializzate in attività di debunking (ossia gli “sbufalatori”).
L’iniziativa dell’AGCom fa parte del complessivo percorso avviato dall’Autorità di via Isonzo volto ad approfondire il ruolo delle piattaforme digitali nella diffusione e per il contrasto delle fake news, problematica avvertita da tutte le istituzioni come una vera minaccia per il sistema democratico. In quest’ottica lo scorso anno il regolatore delle comunicazioni ha dato il via al Tavolo per la garanzia del pluralismo e della correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali (unicum mondiale), e recentemente ha pubblicato il Rapporto tecnico sulle strategie di disinformazione online e la filiera dei contenuti fake.
Lo specifico studio sul rapporto tra informazione e fake news al centro del dibattito di venerdì scorso ha fatto il punto sull’analisi della disinformazione prodotta in Italia, per poi porre l’accento sulle modalità di trattazione e diffusione delle notizie reali e false, nonché sui meccanismi di propagazione dei contenuti informativi, specie quelli fake, sulle piattaforme online. Nelle pieghe del Rapporto emerge un disegno preciso (nonché preoccupante) di come la pubblicazione di una notizia fake sia frutto di una precisa strategia di gruppi organizzati, piuttosto che legata alla singola iniziativa di qualche bontempone. Il ciclo di vita di una singola notizia falsa si caratterizza essenzialmente per la pressoché totale assenza di anticipazioni e una durata sensibilmente inferiore rispetto al ciclo di vita di una notizia reale. La concentrazione in pochi giorni di messaggi misleading sono la spia stessa, secondo il Rapporto, dell’intento di mettere in atto una strategia di disinformazione, prediligendo la trattazione di tante notizie diverse, evitando di approfondirne i contenuti. Una volta innescata, la notizia falsa viene immessa e rilanciata sul web, anche attraverso l’inconsapevole contributo degli utenti, che la condividono e la commentano sui social network.
In particolare, sotto il profilo della disinformazione, le analisi compiute mostrano un sistema nazionale che soffre la presenza di un volume di contenuti fake mediamente più alto rispetto al passato, che ha raggiunto il livello massimo durante in corrispondenza delle elezioni politiche del 4 marzo 2018.
Sono nove 9 gli argomenti principali trattati dai “guastatori” dell’informazione: politica, diritti, economia, salute e ambiente, famiglia e fede, cronaca, esteri, scienza, immigrazione. La trattazione di questi argomenti sono affrontati (volutamente) in modo superficiale e impressionistico, mirando a stimolare gli stati d’animo delle persone coinvolgendoli anche nella diffusione ulteriore del contenuto, “contagiando” di conseguenza altri internauti.
Una vera e propria tecnica, studiata nei minimi particolari, e sovente sostenuta da meccanismi automatici come i bot, che consentono la pubblicazione e distribuzione dei contenuti fake attraverso una molteplicità di account falsi o falsi profili social.
Ma forse non è la fine dell’incubo. Grazie alle tecniche di intelligenza artificiale anche le fake news sono destinate ad evolversi, e non è escluso che presto vedremo dei veri e propri video (grazie a sofisticati strumenti di scambio facciale) in cui personaggi famosi lanceranno improperi o sosterranno posizioni discutibilissime, tutto naturalmente falso, ma tale da non fare distinguere più la realtà dalla finzione, tanto da farci tornare a chiedere, come Ponzio Pilato, «che cos’è la verità?».