La campagna vaccinale prosegue a spron battuto e in fondo al tunnel si rivede un po’ di luce: il PIL italiano – a dispetto delle previsioni – cresce più di quello dei nostri cugini europei (oltre il 4%), metà dei nostri connazionali hanno già prenotato un posto sotto l’ombrellone, facendo risalire in tal modo il barometro del settore turistico. Ancora qualche settimana di pazienza e potremo dire probabilmente addio anche alle fastidiose mascherine.
Fine dei problemi? Tutt’altro, secondo uno studio del Fondo Monetario Internazionale, pubblicato a firma di Sophia Chen e Philip Barrett, stando almeno alle serie storiche, quando una pandemia volge al termine ecco profilarsi una rivoluzione sociale, ricca di cambiamenti difficilmente governabili.
Nelle pieghe dello studio si legge come le epidemie, nel corso della storia, e subito dopo la loro fine, hanno provocato dapprima un effetto mitigante, sopprimendo i disordini e dissuadendo le scompagini sociali. Peccato però che, da lì a breve (in genere nel giro di due anni), le emergenze sanitarie hanno avuto effetti di cicatrizzazione sociale, aumentando la probabilità di conflitti e sommosse. È ragionevole aspettarsi – scrivono i due ricercatori – che, con l’attenuarsi della pandemia, le problematiche già esistenti nel periodo pre-emergenziale possano riemergere – e con più forza – in luoghi in cui esistevano in precedenza.
Fu così nel 1832, dopo la grande pandemia di colera che colpì Parigi lasciando nelle strade 20.000 morti. La diffusione della malattia ha accresciuto le tensioni di classe, poiché i ricchi incolpavano i poveri di diffondere la malattia e i poveri pensavano di essere avvelenati dalle esalazioni delle prime fabbriche della rivoluzione industriale messe su dai ricchi. La scintilla che fece scoppiare i disordini furono i funerali del generale Lamarque, vittima della pandemia e difensore delle cause popolari, che diedero il via ad una grande manifestazione antigovernativa, scene talmente intense che stimolarono Victor Hugo a renderle per sempre impresse in Les Misérables.
Fu così anche per l’epidemia di peste bubbonica che ebbe luogo a Costantinopoli tra il 541 e il 542, evento che portò al definitivo crollo dell’Impero Romano segnando il passaggio dall’antichità al Medioevo. Oppure ancora la febbre spagnola, che alcuni ritengono essere stata la concausa dello scoppio della Prima guerra mondiale.
Attingendo a un nuovo set di dati transnazionali sui disordini sociali, i due ricercatori hanno individuato una relazione positiva tra disordini sociali ed epidemie, subito dopo un periodo di “calma piatta”, come quella che stiamo vivendo in questi mesi o – stando allo studio – vivremo (chissà ancora per quanto) l’anno prossimo. Del resto, senza necessità di scomodare gli antichi romani, le tracce di quello che potrebbe accadere ci sono tutte: i disordini, prima dell’inizio della pandemia, erano aumentati, contraendosi sensibilmente (sino ad annullarsi) durante l’emergenza sanitaria. Se la storia è una guida, è ragionevole aspettarsi che, con un graduale ritorno alla normalità, i tumulti possano riemergere in luoghi in cui in precedenza già esistevano (si pensi alle banlieue francesi o al movimento dei gilet gialli transalpino). Un monito, dunque, a chi si troverà ad affrontare problematiche sopite. E stavolta non potrà dire di non essere stato avvertito.