Appena quattro Comuni su dieci comunicano con trasparenza lo stato dei beni confiscati. E’ quanto emerge dal primo Report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali realizzato da Libera in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino. “RimanDATI” è il titolo scelto per il dossier che di fatto boccia gran parte degli enti locali: su 1076 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati 670 non pubblicano l’elenco sul loro sito internet. Ciò significa che ben il 62% dei comuni è totalmente inadempiente.
E di questi, la maggior parte lo fa in maniera parziale e non pienamente rispondente alle indicazioni normative. Il primato negativo in termini assoluti spetta ai comuni del Sud Italia compreso le isole con ben 392 comuni che non pubblicano elenco, segue il Nord Italia con 213 comuni e il Centro con 65 comuni che non pubblicano dati. A livello regionale tra le più “virtuose” Basilicata, Marche, Emilia-Romagna, Liguria e Lazio. Tra le regioni meno trasparenti segnaliamo Umbria, Trentino Alto Adige, Abruzzo, Sardegna, Toscana e Campania.
Il Report di Libera (il monitoraggio ha avuto inizio nel mese di maggio 2020 e si è chiuso il 31 ottobre 2020 ) vuole accendere una luce sulla carente trasparenza e mancata pubblicazione dei dati dei comuni italiani in merito ai dati sui beni confiscati che insistono nei loro territori perché sono proprio i comuni ad avere la più diffusa responsabilità di promuovere il riutilizzo dei patrimoni. Eppure, proprio a livello comunale le potenzialità della ‘filiera della confisca’ sono tuttora dense di ostacoli, criticità ed esitazioni. La base di partenza del lavoro di monitoraggio- spiega Libera- coincide con il totale dei comuni italiani al cui patrimonio indisponibile sono stati “destinati”i beni immobili confiscati alle mafie per finalità istituzionali o per scopi sociali.
Il primo dato ricavato dal lavoro di monitoraggio è quello più immediato e risponde alla semplice domanda: quanti comuni italiani destinatari di beni immobili confiscati pubblicano l’elenco sul loro sito internet, così come previsto dalla legge? Il primato negativo in termini assoluti spetta ai comuni del Sud Italia compreso le isole con ben 392 comuni che non pubblicano elenco, segue il Nord Italia con 213 comuni e il Centro con 65 comuni che non pubblicano dati.
A livello regionale tra le più “virtuose” coloro che raggiungono o superano il 50% dei comuni che pubblicano elenco registriamo la Basilicata con il 67% dei comuni che pubblicano elenco, Marche con il 60%, Emilia Romagna e Liguria con il 50% dei comuni e Lazio che con il 49% si avvicina di molto. Tra le regioni meno trasparenti segnaliamo Umbria dove solo il 14% dei comuni pubblicano elenco, Trentino Alto Adige (25%), Abruzzo (26%), Sardegna(27%) Toscana e Veneto (31%), Lombardia (32%) Campania (34%).
Un approfondimento è stato fatto sulla modalità di pubblicazione dell’elenco, da cui dipende in maniera sostanziale la qualità dei dati messi a disposizione. Il formato aperto consente infatti una fruibilità totale da parte dei cittadini e di chiunque voglia utilizzarli e appare l’unico a rispondere con coerenza alle disposizioni di legge sul tema della trasparenza. La ricerca ha evidenziato in maniera piuttosto evidente come la logica degli open data sia ancora estranea alla stragrande maggioranza degli enti monitorati. Solo il 14% dei comuni (56 in totale) presenta formato aperto che consente infatti una fruibilità totale da parte dei cittadini e di chiunque voglia utilizzarli e appare l’unico a rispondere con coerenza alle disposizioni di legge sul tema della trasparenza.
Ben 97 comuni, pari al 24% del totale presenta un PDF immagine (frutto cioè di semplici scansioni) o totalmente chiuso che sono totalmente inservibile nella logica ricercabili open data. Il monitoraggio ha riguardato anche altre informazioni fondamentali sulla vita del bene confiscato: il 35% dei comuni non specifica tra destinazione istituzionale o sociale, il 17% non specifica ubicazione. Inoltre, il 46% dei comuni non presenta informazioni sulla metratura o sugli ettari del bene confiscato.
“La trasparenza anche in questo ambito – commenta Davide Pati, vicepresidente nazionale di Libera – deve essere considerata anch’essa un bene comune, in ciò confortati dalle previsioni normative del Codice Antimafia, che impongono agli Enti Locali di mettere a disposizione di tutte e di tutti i dati sui beni confiscati trasferiti al loro patrimonio, pubblicandoli in un apposito e specifico elenco. RimanDATI è un forte richiamo alla necessità di dare priorità all’azione culturale della trasparenza: chiediamo, infatti, che i beni confiscati diventino sempre di più strumenti di partecipazione democratica e di coesione territoriale. Le esperienze di informazione, formazione ed accompagnamento territoriale hanno reso evidente l’importanza di attivare percorsi di progettazione partecipata e di monitoraggio civico, attraverso il coinvolgimento dei cittadini e delle realtà sociali”.