Un fenomeno che minaccia la democrazia e che molti stakeholder vogliono fermare, ma come?
La Task Force di esperti sulle Fake News istituita dalla Commissaria per l’Economia Digitale, Mariya Gabriel, a metà gennaio (di cui vi avevamo raccontato qui), ha completato la stesura di un report che favorisse una strategia integrata di policy per contrastare la diffusione di notizie false. La volontà era quella di delineare degli strumenti efficaci affinché i cittadini possano identificare informazioni attendibili e verificate e, al contempo, adattarsi alle sfide dell’era digitale.
Tra gli obiettivi della relazione “A multi-dimensional approach to disinformation”: a) definire il fenomeno; b) identificare best-practices già impiegate da vari stakeholder; c) stabilire dei principi fondamentali e degli obiettivi generali per il breve e per il lungo termine.
Il report si basa su un concetto di “disinformazione” che va ben al di là del fenomeno delle “fake news”. Ogni notizia inaccurata o fuorviante, presentata e pubblicizzata per causare intenzionalmente un danno di carattere pubblico o per inseguire il profitto, va annoverata in questa categoria.
La Task Force (HLEG) riconosce che un rischio della disinformazione consiste nella compromissione dei processi democratici, e degli stessi valori democratici che delineano le politiche pubbliche di una serie di ambiti: salute, scienza, finanza, solo per citarne alcune. Secondo gli esperti, i problemi di disinformazione possono essere gestiti in maniera efficace, nel rispetto della libertà d’espressione e di stampa, solo se tutti i maggiori stakeholder sono coinvolti.
In termini di azioni da intraprendere, si sconsiglia fortemente di implementare qualunque forma di censura pubblica o privata. Le proposte avanzate si basano su 5 pilastri:
– aumentare la trasparenza delle notizie online;
– promuovere l’alfabetizzazione funzionale sui media;
– sviluppare strumenti che aiutino gli utenti e i giornalisti a contrastare la disinformazione;
– salvaguardare la diversità e la sostenibilità dell’ecosistema dell’informazione in Europa e
– promuovere la ricerca continua dell’impatto della disinformazione in Europa.
Nel breve periodo, si propone un approccio auto-regolatorio basato su un chiaro processo di coinvolgimento degli stakeholder, nell’ottica di un framework di obbligatorietà e basato su azioni specifiche. Tutti gli stakeholder, incluse le piattaforme online, saranno chiamati a sottoscrivere un Codice di Condotta che rifletta ruoli e responsabilità di ciascuno (che dovrebbe essere redatto da una Coalizione rappresentativa degli stessi).
Ovviamente, si punta ad avere un meccanismo efficace prima delle elezioni europee in programma per la primavera del 2019.
La relazione pubblicata contiene spunti molto dettagliati e una timeline precisa dei tempi entro i quali ogni parta è tenuta ad operare. Ad esempio, nel caso di piattaforme online, i contenuti pubblicitari, inclusi quelli di tipo politico, dovranno essere chiaramente differenziati dagli altri.
Tuttavia, conoscendo l’iter tipico della legislazione europea verrebbe da pensare che prima di ottenere dei risultati misurabili nell’ambito delle fake news (e non solo) ci vorrà ancora molto tempo, specie quando pensiamo al fatto che player fondamentali come Facebook o Google devono adattarsi alle richieste della politica senza compromettere la loro ragione di business.
La forza con la quale si diffondono a macchia d’olio le fake news sembra contrastare con l’atteggiamento per certi versi “titubante” delle istituzioni che non sanno come affrontare il problema, non volendo incorrere nella “trappola” della censura.