Primo via libera del Cdm al “decreto Madia”. L’influenza del Piano Triennale per l’Informatica pubblica
Il percorso di progressiva attuazione dell’Agenda Digitale, venerdì scorso ha vissuto una nuova piccola rivoluzione: il Consiglio dei Ministri, infatti, ha dato il primo ok al decreto legislativo proposto dalla ministra Marianna Madia che modifica per la sesta volta il CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale).
Il correttivo in anticipo rispetto ai tempi previsti della riforma ha l’obiettivo di accelerare l’attuazione dell’agenda digitale europea, dotando cittadini, imprese e amministrazioni di strumenti e servizi idonei a rendere effettivi i diritti di cittadinanza digitale.
Molte delle modifiche erano note e sono state confermate; i ritocchi riguardano in particolare la disciplina del domicilio digitale, della firma elettronica e del patrimonio informativo pubblico. Eccoli nel dettaglio:
Domicilio Digitale
La definizione di domicilio digitale viene resa più sintetica ma se ne estende la portata. Obbligatorio per i soggetti indicati dall’articolo 2 del Cad (pubbliche amministrazioni, alcune società a controllo pubblico, professionisti iscritti in albi ed elenchi, imprese le società) Il domicilio digitale sarà costituito dall’indirizzo indicato da professionisti, imprese e società in albi, elenchi e registri. Potrà coincidere con un indirizzo di posta elettronica certificata o con qualsiasi servizio elettronico di recapito in conformità alle norme europee. Sarà valido per ricevere qualsiasi tipo di documento e di notifica, dalle raccomandate alle multe. I domicili digitali confluiranno nell’Anagrafe Nazionale (ANPR) al completamento della stessa.
Firma Digitale
Oltra alla firma digitale e alla firma elettronica, l’articolo 20 introduce un nuovo processo di firma elettronica con identificazione del suo autore, attraverso modalità che garantiscano la sicurezza, l’integrità e l’immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore. Quindi un nuovo sistema di firma elettronica avanzata, che potrebbe integrarsi con SPID, il sistema pubblico di identità digitale nato per permettere l’accesso ai servizi pubblici online con un’unica identità digitale.
Patrimonio informativo pubblico
Viene data una nuova definizione e vengono elencate le caratteristiche dei dati in formato aperto, ovvero quei dati disponibili secondo i termini di una licenza o di una previsione normativa che ne permetta l’utilizzo da parte di chiunque, adatti all’utilizzo automatico da parte di programmi per elaboratori e sono provvisti dei relativi metadati e disponibili gratuitamente attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione
Il decreto prevede poi un’altra serie di modifiche tra le quali l’introduzione del difensore civico digitale, istituito presso l’Agenzia per l’Italia Digitale a cui chiunque potrà presentare online segnalazioni relative a presunte violazioni del CAD o di ogni altra norma in materia di digitalizzazione e innovazione. Il nuovo articolo 71, comma 1, introduce le linee guida in sostituzione delle regole tecniche per la definizione di standard, mentre l’articolo 40 introduce un innovativo processo di indicizzazione e ricerca documentale.
In generale sul pacchetto delle modifiche proposte – che dopo un giro di pareri dovrà approdare di nuovo, fra 90 giorni, al Consiglio dei Ministri per l’approvazione finale – si percepisce l’influenza del Piano Triennale per l’Informatica pubblica. Sia per l’ attenzione al concetto di “cittadinanza digitale”, che per l’idea di favorire la fruizione di servizi pubblici online in maniera semplice e mobile-oriented passando per la necessità di stimolare i pagamenti online e promuovere integrazione e interoperabilità tra i servizi pubblici erogati dalle diverse amministrazioni.