Renzi apre la fase congressuale e formalizza le dimissioni. Sembra ci sia riconciliazione, poi la minoranza fa un passo indietro ed è di nuovo scissione
Con le sue dimissioni da segretario, Matteo Renzi ha dato il via alla fase congressuale. Un appuntamento che dovrà essere un momento di confronto e di apertura alla società. La direzione del Pd, domani, avrà all’ordine del giorno la nomina della commissione congressuale. Una giornata, quella di ieri, particolarmente convulsa.
Renzi ha aperto l’assemblea nazionale del partito parlando di rispetto, è “una delle parole più belle, richiama al guardarsi intorno. Una comunità politica deve scegliere di rispettarsi sempre e praticare il rispetto nei confronti della comunità”. E ha invitato il Pd a rimettersi in cammino insieme. Ha parlato del 4 dicembre: “Sono responsabile di quella frattura: il referendum è stato una botta per tutto il sistema Paese…dopo il 4 è tornata la prima Repubblica ma senza la qualità della prima Repubblica, si stanno scindendo tutti, fratture che il proporzionale fisiologicamente esalta”.
Ha poi detto che ha fatto di tutto in questi ultimi giorni per tenere unito il partito, invitato a mettere da parte la parola “scissione”: “Fermiamoci e ripartiamo…non possiamo continuare a stare fermi, a discutere al nostro interno”. Un discorso al contempo poco conciliante, aggressivo, specialmente in alcuni passaggi: “Scissione è una brutta parola, ma peggiore c’è solo ricatto. Non è accettabile che si blocchi un partito su un diktat di una minoranza”.
E proprio questi passaggi vengono giudicati da un parte del partito molto duri. Guglielmo Epifani ha criticato Renzi, accusandolo di non ascoltare le ragioni della minoranza riunitasi il giorno prima al Teatro Vittoria, “di tirare dritto sulla sua posizione”. Aggiungendo: “Mi sembra un errore, un segretario deve avere la capacità di guardarsi dentro con la comunità che rappresenta e cercare di superare le difficoltà . Se questo viene meno, è chiaro che per molti si aprirà una riflessione che poi porterà a una scelta”. Tutto sembra portare alla scissione a questo punto.
Pierluigi Bersani, intervenuto intanto durante la trasmissione “In 1/2 ora”, dichiarava che Renzi “ha alzato il muro…vuol dire fare un congresso cotto e mangiato in tre mesi dove non sarà possibile aprire una discussione…ho visto un dibattito pieno di sofferenza e buoni sentimenti, anche da parte di molti renziani. A me non convince questa cosa…Sono di sinistra e non sopporto di vedere un livello di disuguaglianza così aberrante. Sarà anche lui di sinistra, ma perdiamo rapporti con un pezzo di Paese”. Chiuderà l’intervento dicendo di aspettare la replica finale di Matteo Renzi.
Appelli all’unità arrivano da molti “pontieri”, tra cui Dario Franceschini, Andrea Orlando, che rilancia alla conferenza programmatica. Walter Veltroni, che da molto tempo non partecipava alle riunioni degli organismi del partito, dice a sua volta che quando “la sinistra si è divisa ha fatto male a sé stessa e al Paese”. E racconta di come è nata l’idea del Pd, un partito di sinistra unito. Invita a “meno riunioni di corrente e più rappresentanza dei bisogni sociali”.
L’intervento di Michele Emiliano, inaspettato, stupisce, tant’è che Antonello Giacomelli ci scherza su dichiarando di aver assistito all’intervento del suo sosia. “E’ a portata di mano ritrovare l’unità…Siamo a un passo dalla soluzione – dichiarava infatti il presidente della Regione Puglia – un piccolo passo indietro consente a una comunità di farne cento avanti. Io sto provando a fare quel passo indietro che consenta di uscirne con l’orgoglio di appartenere a questo partito”. Emiliano ha affermato che “questo nel nostro partito può farlo esclusivamente il segretario e io non posso che dire che ho fiducia in lui, nella sua capacità di guidare questa gente meravigliosa”… “credo che siamo ad un passo dalla soluzione”.
L’assemblea, dopo gli interventi di molti big del partito, si è conclusa in un clima di prevalente incertezza. Orfini ha chiuso la giornata con l’indizione del congresso:“Convocherò la direzione per martedì, con all’ordine del giorno la nomina della commissione congressuale”.
Ma in serata arrivava una nota congiunta di Emiliano, Rossi e Speranza, con un deciso passo indietro rispetto al discorso conciliante di Emiliano in assemblea: “Anche oggi nei nostri interventi in assemblea c’è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un’assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima”.
Domani, forse, l’epilogo di questo psicodramma.