Il Ddl di istituzione attende l’ok definitivo della Camera. Ma tanti continuano a vederla come soluzione del caso Boschi-De Bortoli
Dal momento in cui si è riaperta, con le rivelazioni dell’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, la querelle sul presunto conflitto d’interessi di Maria Elena Boschi nella vicenda Banca Etruria, è molto frequente imbattersi in riferimenti alla commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche come se fosse in piena attività. Da ultimo, come riportato dai principali quotidiani italiani, l’ex amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni ha fatto sapere che solo in quella sede offrirà la sua versione dei fatti sul caso Boschi-De Bortoli.
A un più attento esame dei fatti, tuttavia, appare sorprendente notare come nel dibattito degli ultimi giorni nessuno o quasi abbia evidenziato che la commissione d’inchiesta sugli istituti bancari non esiste ancora. Dopo il via libera del Senato in prima lettura, arrivato lo scorso 4 aprile, il Disegno di legge che ne propone l’istituzione si trova al momento in attesa che l’Aula della Camera inizi la sua discussione. Per l’entrata in vigore del provvedimento, dunque, è necessario che l’Assemblea di Montecitorio approvi senza modifiche il testo, cosa non scontata in una fase politica segnata da numerose fibrillazioni e dalla convergenza nell’agenda parlamentare di non pochi testi “sensibili”.
Quand’anche il Ddl ricevesse l’ok definitivo nei prossimi giorni, non sarebbe di certo immediato l’avvio dei lavori della Commissione. Difatti, si dovrà in primo luogo procedere alla nomina (in proporzione alla dimensione dei Gruppi) dei venti deputati e venti senatori che andranno a comporre l’organo, per poi eleggere un Ufficio di Presidenza e stabilire un programma dei lavori, procedure non solo formali dal momento che le Commissioni parlamentari d’inchiesta dispongono degli stessi poteri dell’Autorità giudiziaria. Inoltre, considerato che i futuri commissari dovranno lavorare sugli effetti della crisi globale sul sistema bancario italiano e sulle modalità di gestione degli istituti colpiti da dissesti finanziari, un’audizione di Ghizzoni su quanto riportato in un libro con difficoltà risulterebbe prioritaria. Di conseguenza, se l’ex ad Unicredit insisterà per affidare la sua verità al Parlamento sarà necessario trovare una soluzione alternativa.
In definitiva, appare chiaro che, sia per ragioni di tempistiche che di delicatezza dei temi al centro della sua eventuale azione, non potrà essere la Commissione d’inchiesta sulle banche la sede per trattare dispute divenute ormai politiche come i casi Banca Etruria, Montepaschi, Antonveneta o Banca 121. Oltretutto, la futura Commissione dovrà fare i conti con i pochi mesi a sua disposizione per produrre risultati concreti. Se si pensa alle conseguenze che i cortocircuiti bancari degli ultimi anni hanno avuto su un ampio numero di imprese e consumatori, si può senz’altro sostenere che il Parlamento avrebbe dovuto agire prima del tratto finale della Legislatura.