Dopo mesi di stallo (per il referendum) e la promessa di Calenda (“diventerà legge”), il DdL Concorrenza è ancora fermo a Palazzo Madama. Perché?
C’era una volta il progetto del Governo Renzi di promuovere lo sviluppo della concorrenza. Il Disegno di Legge viene approvato in Consiglio dei Ministri il 20 febbraio 2015 e presentato alle Camere il 3 aprile successivo.
Dopo innumerevoli modifiche, soprattutto per sottrazione, il provvedimento viene votato a Montecitorio il 7 ottobre 2015 e trasmesso al Senato.
A Palazzo Madama il testo governativo subisce nuove amputazioni durante i lavori in Commissione Industria, perdendo buona parte della sua futura efficacia. E dopo quasi un anno di esame, il 2 agosto del 2016, la Commissione licenzia il testo trasmettendolo all’Aula.
Sarebbe a questo punto lecito aspettarsi una repentina chiusura nel mese di settembre, al rientro dalla pausa estiva, per poi permettere alla Camera di fare un ultimo veloce passaggio in vista della definitiva approvazione, e invece no. Il Governo fissa al 4 dicembre la data per la celebrazione del referendum costituzionale, e il Concorrenza finisce su un binario morto. Il DdL che avrebbe dovuto dare una decisa e decisiva spinta all’economia italiana sparisce dall’agenda di Esecutivo e Parlamento. La Conferenza dei Capigruppo del Senato non la inserisce nel calendario dei lavori, con la motivazione non detta di non “disturbare” la campagna referendaria: troppo importante agevolare l’approvazione della riforma costituzionale evitando di alterare il clima sociale con le inevitabili tensioni che scaturirebbero dallo scardinamento di numerose rendite di posizione.
I piani del Governo saltano. Il 4 dicembre i cittadini dicono No alla riforma della Costituzione, Renzi si dimette aprendo una crisi di governo che viene risolta con Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi e la riproposizione pressoché integrale della compagine ministeriale dell’Esecutivo dimissionario.
Carlo Calenda resta così ministro dello Sviluppo economico, principale Dicastero interessato al DdL Concorrenza. Calenda non ama – e non ne ha mai fatto mistero – il provvedimento figlio della gestione dell’ex ministro Guidi, ma decide di supportarlo pubblicamente: “poteva essere più ambizioso, ma va approvato perché ci sono comunque provvedimenti utili e per serietà”.
Siamo a gennaio 2017, l’onda del referendum sembra passare con una certa lentezza, Governo e maggioranza ribadiscono l’impegno a far ripartire l’esame del DdL Concorrenza, è lecito attendersi un’accelerazione. L’attesa accelerazione non c’è, probabilmente influiscono in negativo anche la confusione interna al Pd e i venti di elezioni anticipate, ma la Capigruppo di Palazzo Madama calendarizza comunque il provvedimento tra il 21 febbraio e il 2 marzo.
Intanto scoppia la protesta dei tassisti, che scioperano per sei giorni contro una norma del DL Milleproroghe. La parola “concorrenza” torna prepotente in tutti i dibattiti politici. Il 21 febbraio, al termine di un confronto Governo-relatori, il Sen. Salvatore Tomaselli (Pd) dichiara che “l’intenzione politica è quella di far arrivare il testo all’Aula giovedì 2 marzo”. Sembra fatta. Ma una nuova Capigruppo stabilisce che la data prevista per l’avvio dei lavori in Aula sul Concorrenza è martedì 7 marzo. Vedremo se questa sarà la volta buona, oppure se nuovamente le aspettative saranno state malriposte. A tutto questo si deve aggiungere la richiesta della Sen. Linda Lanzillotta (PD) di riaprire i termini per la presentazione di emendamenti, chiusi il 12 settembre 2016. Sembra un film già visto, “La storia infinita”.