Le Commissioni Finanze e Attività produttive prendono tempo. Calenda: “Non vorrei finire come l’ultimo dei Mohicani”
Come lasciavano presagire le riflessioni della vigilia, ha avuto una partenza a singhiozzo, nella giornata di ieri, l’esame in terza lettura del Ddl Concorrenza nelle Commissioni Finanze e Attività produttive della Camera.
Dopo l’illustrazione, da parte dei relatori dem Silvia Fregolent e Andrea Martella, delle modifiche subite dal provvedimento in Senato, gli Uffici di Presidenza delle Commissioni non hanno infatti preso alcuna decisione in merito alle modalità e ai tempi con cui portare avanti l’iter del Disegno di legge. Al contrario, Maurizio Bernardo (Ap) e Guglielmo Epifani (Mdp), presidenti rispettivamente della Finanze e della Attività Produttive, avrebbero già chiesto a Laura Boldrini di posticipare la data di avvio della discussione in Aula, fissata in un primo momento per lunedì 29 maggio. Non a caso, allo stato attuale non è ancora stato stabilito il termine per la presentazione degli emendamenti.
Chiaramente, la causa principale della situazione di incertezza in cui si trova, ancora una volta, il Concorrenza è rappresentata dalla mancanza di una strategia da parte del Governo e della sua maggioranza. Nonostante il voto di fiducia di inizio aprile a Palazzo Madama, non è chiaro se la versione attuale del Ddl (divenuto un articolo unico con 193 commi) abbia realmente chances di essere approvata in via definitiva, dal momento che si rincorrono le voci sulla volontà del Pd renziano di intervenire sulle misure in ambito di telemarketing e di superamento del regime di maggior tutela per gli utenti di elettricità e gas. Da parte loro, le opposizioni hanno invitato l’Esecutivo a uscire allo scoperto sul destino del Disegno di legge, ritenuto (senza distinzione tra M5S, Lega Nord e Sinistra Italiana) peggiorato dai circa due anni trascorsi in Senato.
La soluzione o meno della partita, dunque, si giocherà tra Palazzo Chigi e Largo del Nazareno, in quanto solo un nuovo ricorso alla fiducia potrà mettere con certezza la “Legge annuale sulla concorrenza” al riparo dal rischio affossamento. Uno scenario di questo tipo, tuttavia, comporterebbe un dietrofront di Matteo Renzi a vantaggio del ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda (ormai primo sostenitore del provvedimento), ipotesi non scontata visti i difficili rapporti tra i due.
Proprio Calenda, durante il suo intervento di poche ore fa all’Assemblea di Confindustria, ha dichiarato: “Il Ddl Concorrenza non era la mia legge, avrei potuto facilmente lasciarla cadere, ho scelto invece di assumermene la responsabilità. Non vorrei però finire come l’ultimo dei Mohicani”. Per chi fosse all’oscuro della citazione, non si tratterebbe di un buon epilogo..