Si attua lo scenario anticipato da Stefano Esposito (PD). Ma l’Esecutivo potrebbe comunque varare il DPCM
Articolo di A.S.
È decorso invano il termine per l’espressione dei pareri parlamentari sullo schema di DPCM per l’introduzione della procedura di dibattito pubblico per la realizzazione di grandi opere. Entro la giornata di ieri 29 gennaio, difatti, le Commissioni Ambiente della Camera e Lavori pubblici del Senato si sarebbero dovute pronunciare sull’atto del Governo, ma nessuno dei due organi si è riunito per discutere la questione.
Di conseguenza, si è realizzato lo scenario anticipato a LabParlamento dal senatore Stefano Esposito (PD), secondo il quale del parere sul Decreto “se ne occuperà il prossimo Parlamento”. Rimane tuttavia l’incognita sulle decisioni dell’Esecutivo, che da qui alle prossime settimane potrebbe procedere al varo definitivo del DPCM anche in assenza delle osservazioni delle Camere.
Se le cose dovessero andare in questo modo, si chiuderebbe nel peggiore dei modi l’iter del testo, in ritardo rispetto ai tempi previsti dal nuovo Codice degli appalti e trasmesso alle Camere con modifiche di non poco conto rispetto alla versione “concordata” in sede di Conferenza Unificata (a titolo di esempio, lo schema di Decreto esclude dalla portata del dibattito pubblico la maggior parte delle infrastrutture energetiche). Chi, se non il Parlamento, ha il diritto di esprimersi su un atto destinato a incidere sulla vita di cittadini e comunità locali?