La Commissione Lavoro ha avviato l’iter del Ddl sulla retribuzione dei professionisti iscritti ad albi. Obiettivo: attuare l’articolo 36 della Costituzione
Tutelare l’equità dei compensi riconosciuti ai professionisti iscritti a ordini o albi e garantire la certezza del diritto nei loro rapporti di lavoro, dando attuazione a quanto previsto dall’articolo 36 della Costituzione. Questo è l’obiettivo del Disegno di legge presentato circa un mese fa da Maurizio Sacconi (Ap), presidente della Commissione Lavoro del Senato, dove è ora in corso l’iter del provvedimento.
Il testo si compone di 4 articoli, dove oltre a essere definito il concetto di equo compenso (inteso come la “corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto”) viene affermato il principio in base al quale è da ritenersi nulla ogni clausola o patto che determini uno squilibrio contrattuale in favore del committente della prestazione. Squilibri, che il Ddl identifica con retribuzioni che risultino inferiori ai minimi stabiliti, per i vari ordini, dai Decreti Ministeriali varati a norma dell’articolo 9 del Decreto Legge 1/2012.
Nonostante il Ddl prenda in considerazione soltanto le professioni organizzate in albi (come giornalisti, architetti, avvocati e ingegneri), la relatrice Annamaria Parente (Pd) nell’illustrare nei giorni scorsi i contenuti della proposta ha rimarcato la necessità di estendere la portata della norma anche ai mondi del lavoro autonomo non rappresentati da ordini o collegi, in modo da evitare legislazioni disarmoniche per situazioni simili. Inoltre, la relatrice ha evidenziato come il provvedimento segua la scia delle disposizioni europee in ambito di libera concorrenza e tenga conto di quanto sostenuto nel 2016 dalla Corte di Cassazione, relativamente ai minimi tariffari per le prestazioni lavorative.
In definitiva, il Disegno di legge sull’equo compenso interviene su un tema sensibile per migliaia di professionisti, proponendosi (nella visione del suo firmatario) di porre rimedio all’eccessiva liberalizzazione scaturita delle cosiddette “lenzuolate” Bersani del 2006. Malgrado il suo esame abbia avuto inizio nel tratto finale della Legislatura, non è da escludere che la discussione parlamentare possa portare a dei risultati concreti.