Alla ricerca di una “giusta transizione”. Il vertice di Torino, mentre i 5 Stelle sfidano i sindacati
“C’è grande discussione in merito alla preoccupazione per i posti di lavoro persi con l’innovazione tecnologica”. Queste le parole del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti,, a conclusione del G7, sabato, nella Reggia di Venaria alle porte di Torino, mentre a poca distanza si consumavano gli scontri tra dimostranti che protestavano contro il vertice e le forze dell’ordine.
I paesi del G7 continueranno il dialogo anche dopo l’Innovation Week: “Abbiamo deciso di lanciare – si legge nel documento conclusivo del G7 Lavoro – il Forum permanente sul futuro del lavoro”. Un nuovo metodo di confronto aperto al mondo economico e sociale: una piattaforma per condividere strategie e scambiare buone pratiche sviluppata e gestita dall’Ocse in collaborazione con l’Ilo, che coinvolgerà “responsabili politici, parti sociali, innovatori e altri rilevanti attori” tra cui, possiamo immaginare, colossi del web e del digitale. Un ribaltamento del modello di governance, del modo di affrontare le problematiche, che fino ad oggi è stato incentrato su governi e ministri.
I ministri interessati di Italia, Germania, Francia, Giappone, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno evidenziato come i mercati del lavoro stiano vivendo grandi trasformazioni guidate dalla globalizzazione, dall’automazione, dalla digitalizzazione, dai cambiamenti demografici e dalle migrazioni internazionali. Consapevoli della preoccupazione generale per l’impatto di queste trasformazioni sul reddito, sulla sicurezza dei posti di lavoro e sulle opportunità d’impiego, i big hanno concordato di adottare un comune approccio inclusivo al mercato del lavoro, con particolare attenzione ai gruppi che sono particolarmente esposti a potenziali perdite di posti di lavoro e a barriere all’ingresso, come lavoratori meno qualificati, anziani, persone con disabilità, nonché coloro che sono sotto rappresentati come donne e giovani. Investimenti in welfare, sicurezza e soprattutto formazione.
In alcuni paesi verranno rafforzati gli impegni per fornire ai giovani competenze appropriate per i lavori del futuro e per adottare politiche efficaci al fine di sostenere l’alternanza scuola – lavoro e l’apprendistato. Spazio anche alle politiche per conciliare vita professionale e familiare, rafforzando i servizi di assistenza e promuovendo politiche per le famiglie.
In merito alla disoccupazione giovanile, il ministro Poletti, parlando di Italia, ha voluto sottolineare che “è ancora troppo alta, dobbiamo agire per ridurla. Stiamo lavorando e abbiamo raggiunto qualche risultato sicuramente non sufficiente, e infatti interverremo ancora sulla prossima legge di bilancio”.
E proprio nel weekend in cui si immaginava un ruolo ancora più attivo per i sindacati, sempre a Torino, durante il Festival del Lavoro, organizzato dai Consulenti, è intervenuto il candidato premier M5S Luigi Di Maio, attaccando le parti sociali :“se il nostro Paese non vuole far più scappare i giovani all’estero, deve prevedere anche un cambiamento radicale delle organizzazioni sindacali. Con noi al governo o i sindacati si autoriformano o li indurremo a una riforma”. Dure le repliche, unite, dal centrosinistra e dal mondo sindacale: dichiarazioni connotate da autoritarismo, il Movimento 5 Stelle sembra non dare peso all’autonomia e alla responsabilità di questi organismi di rappresentanza sociale. Di Maio parla anche del Programma M5S Lavoro, cita dati emersi dallo studio “Lavoro 2025”: “entro i prossimi sette anni il 60% dei lavori che conosciamo oggi si trasformerà o sparirà – afferma – e circa il 50% saranno professioni legati al settore creativo, lavori legati al turismo, cultura e nuove tecnologie”.
Sindacati non sempre al passo con l’innovazione, sindacati talvolta visti come macchine burocratiche, ma componenti essenziali della nostra democrazia.