Presentata in Parlamento la prima relazione del Mef. Indice di diseguaglianza in miglioramento. Reddito disponibile aggiustato pro capite a gonfie vele
E’ arrivata questa mattina in un Parlamento deserto, con qualche giorno di ritardo rispetto a quanto stabilito dalla legge, la prima “relazione sugli indicatori di benessere equo e sostenibile”, firmata dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan.
Il documento, definito “un primo esercizio sperimentale”, prevista dall’articolo 10, comma 10 ter, della Legge n.196 del 2009, come modificata dalla Legge n. 163 del 2016, ha l’obiettivo di rivedere le previsioni degli indicatori BES sulla base degli effetti della Legge di Bilancio per il triennio in corso, nonché del quadro macroeconomico aggiornato.
Per quest’anno, il primo appunto, il Governo ha scelto di anticipare già dal DEF 2017 l’inserimento di un iniziale gruppo di indicatori: a) un indice di diseguaglianza, b) il reddito medio disponibile corretto, c) il tasso di mancata partecipazione al lavoro e d) le emissioni di CO2 e di altri gas clima-alteranti. Altri otto indicatori, individuati dal Comitato competente, verranno invece introdotti a partire dal ciclo 2018 di finanza pubblica.
“Questa prima Relazione sugli indicatori di benessere traccia un’evoluzione positiva, pur nel contesto di una situazione in cui permangono sfide ambientali ed economiche, nonché notevoli diseguaglianze sociali, di genere e territoriali, come evidenziato anche dal recente Rapporto BES 2017 dell’Istat.”, ha sintetizzato il Mef in un comunicato stampa che evidentemente risente del clima caldo degli ultimi giorni di campagna elettorale.
L’indice di disuguaglianza del reddito disponibile (che misura cioè il rapporto tra il 20% più agiato e quello più povero della popolazione) viene considerato in miglioramento tra il 2017 e il 2020 in quanto si attesta ad un valore pari a 6,2 nel 2017, arrivando nel 2020 a 6. Tradotto in termini pratici vuol dire che il reddito equivalente del 20% della popolazione con più alto reddito è 6,2 volte di quello percepito dal 20% della popolazione con più basso reddito
Non proprio una situazione “equilibrata”. Ed infatti nel capitolo dedicato a questo specifico indicatore il Mef ha precisato che “i valori indicati non colgono pienamente l’impatto potenzialmente positivo sulla struttura dei redditi più bassi delle recenti misure di incentivo ai giovani neoassunti introdotte dalla Legge di Bilancio 2018. Pertanto il profilo degli indicatori potrebbe riflettere una sottostima nella dinamica di riduzione della diseguaglianza negli anni 2018-2020”. Insomma, meglio essere chiari e prudenti, soprattutto in campagna elettorale.
Altro parametro analizzato è quello del reddito disponibile aggiustato (RDA) pro capite (cioè un indicatore in grado di fornire una stima del benessere economico attuale e futuro dei nuclei familiari).
Qui, non ci sono dubbi, dice il Mef, si va a gonfie vele: “grazie alle misure contenute nella legge di bilancio 2018”, “per il triennio 2018-2020 si prevede un aumento dell’RDA pro capite del 5,5 per cento, che corrisponde ad un incremento, in termini nominali, superiore a 1.000 euro”.
Più caute invece le previsioni rispetto al Tasso di mancata partecipazione al lavoro (indicatore che consente di tener conto anche del fenomeno dello scoraggiamento). “Le condizioni del mercato del lavoro dovrebbero migliorare nel periodo di previsione”, si dice nella relazione. E poi, “si stima infatti che il TMP totale scenda da 20,7 per cento nel 2017 a 18,6 per cento nel 2020 con una riduzione di 2,1 punti percentuali. Il miglioramento dovrebbe riguardare entrambi i sessi. Il TMP maschile dovrebbe infatti portarsi da 17,4 per cento nel 2017 a 15,6 per cento nel 2020, mentre quello femminile scenderebbe da 24,8 per cento nel 2017 a 22,2 per cento nel 2020. Persisterebbe un gap di genere, ma esso è previsto in riduzione nel periodo 2017-2020”.
Naturalmente tutti questi risultati sono merito degli interventi messi in campo dal Governo nel 2017 e di quelli previsti nella legge di bilancio 2018.
Dulcis in fundo, la relazione da’ conto dell’indicatore in grado di stimare le relazioni tra le emissioni di CO2 e altri gas clima alteranti rispetto al valore aggiunto, al prezzo del petrolio e alla popolazione residente (espresso come tonnellate di CO2 equivalente per abitante). In questo caso i risultati non paiono proprio essere soddisfacente. Il valore dell’indicatore è infatti costante da qui al 2020, senza nessun miglioramento. Però, come dice la relazione, le cose potevano andare peggio, ma grazie all’”ecobonus” si sono limitati i danni.
A questo punto una considerazione tecnica e una pratica.
Quella tecnica è che forse sarebbe stato più utile ed interessante analizzare i dati sull’andamento degli indicatori nel corso della legislatura per misurare gli impatti concreti dei singoli provvedimenti e non andare ad ipotizzare scenari senza grandi punti di riferimento. La considerazione pratica è che benessere vuol dire “stare bene”, ma dai commenti che si raccolgono per strada non pare proprio sia davvero così.