Indiscrezioni sulle dimissioni del presidente della Commissione. Un problema in più per l’Italia
di LabParlamento
Jean-Claude Juncker potrebbe lasciare la presidenza della Commissione Ue già a marzo. Notizia deflagrante, se confermata, per gli equilibri europei e anche per il nostro Paese che, di per sé, sconta già le incertezze della confusa situazione politica.
La Repubblica cita “autorevoli fonti europee”, anche se da Bruxelles si getta subito acqua sul fuoco. L’indiscrezione, tuttavia, rappresenta un campanello d’allarme destinato ad agitare lo scenario europeo alla vigilia di avvenimenti importanti fin dalle prossime settimane, con le elezioni olandesi di metà marzo e poi, in aprile, le presidenziali francesi seguite a settembre dal voto tedesco (assieme, forse, a quello in Italia). Una miscela che diventa esplosiva se ci aggiungiamo l’avvio della Brexit, le decisioni più o meno definitive sui bilanci di alcuni Stati membri, la questione sicurezza e immigrazione, i nuovi difficili rapporti con l’Amministrazione Trump.
Proprio le tornate elettorali e la necessità di alcuni Governi di respingere le “sirene” populiste e anti-euro delle forze di opposizione, sarebbero alle origini delle perplessità di Junker di proseguire nel proprio mandato. L’ex premier lussemburghese infatti sarebbe “contrariato dalla scarsa ambizione dei Governi sull’Unione” e dalle critiche al Libro Bianco, il suo progetto di rilancio dopo la Brexit, che dovrebbe essere pubblicato l’8 marzo dalla Commissione.
In caso di ritiro, il mandato potrebbe essere appannaggio dei uno dei suoi vicepresidenti, con il popolare finlandese Jyrki Katainen (noto “rigorista”) favorito rispetto al socialista olandese Frans Timmermans. Un problema in più per l’Italia se a spuntarla fosse il primo, visto che il nostro Paese è impegnato a scongiurare l’avvio di una pericolosa procedura di infrazione sui propri conti.
Juncker è presidente della Commissione europea dal 2014, quando ha battuto il socialista Martin Schulz alle elezioni. Il suo incarico, della durata di cinque anni, dovrebbe concludersi nel 2019.