Il voto di domenica occasione per rafforzare le posizioni di M5S e centrodestra, ma difficilmente inciderà sulla paralisi in atto. Di Maio alla caccia della prima Regione, contesa Lega-Fi per il primato in vista del Friuli-Venezia Giulia
Con le intese per la formazione del nuovo Governo ancora in alto mare tra mandati esplorativi e veti incrociati, nel weekend l’attenzione della politica si sposterà dalle notizie provenienti dai palazzi romani agli eventi che si verificheranno in Molise. Dalle 7 alle 23 di domenica 22 aprile i circa 250 mila elettori di quella Regione saranno difatti chiamati al voto per scegliere il nuovo governatore e rinnovare il Consiglio Regionale.
Al di là delle peculiarità locali della contesa, è piuttosto evidente che dietro la partita tra i candidati Andrea Greco (M5S, già in corsa per un posto da consigliere nel 2013), Donato Toma (centrodestra, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Campobasso) e Carlo Veneziale (centrosinistra, assessore uscente della Giunta guidata da Paolo Di Laura Frattura) si celino obiettivi legati alle posizioni che i tre schieramenti principali hanno assunto dal 5 marzo in poi. Dall’attenzione che Luigi Di Maio, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi stanno riservando all’appuntamento si evince come per ognuno di loro sia fondamentale ottenere un risultato positivo, per consolidare o invertire gli equilibri sulla scena nazionale.
Per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, i risultati delle ultime Politiche in Molise (in cui i pentastellati hanno toccato il 45% dei consensi, a fronte del 30% del centrodestra e del 18% di Partito Democratico e alleati) lasciano pensare che sia in arrivo la ‘conquista’ della prima Regione, traguardo che potrebbe essere giocato da Luigi Di Maio come carta per riaffermare il suo ruolo di leader della “forza politica più votata degli italiani”, e in quanto tale più legittimata delle altre a mandare un proprio esponente a Palazzo Chigi.
Tuttavia, appare difficile immaginare che Sergio Mattarella possa legare le sue prossime mosse a risultati elettorali nei territori e non va poi dimenticato che l’M5S tende a non ottenere le migliori performance alle Amministrative, tanto che non è da escludere che questa tendenza si manifesti anche domenica, malgrado il recente trionfo grillino nel Mezzogiorno. Di conseguenza, per la condotta del Movimento nei confronti degli altri partiti e per le dinamiche al suo interno tra ‘pragmatici’ e ‘ortodossi’ non sarà indifferente una vittoria o un insuccesso di Greco, scenari che la base del Movimento potrebbe legare alla linea istituzionale seguita finora da Di Maio.
In casa centrodestra la disputa avrà una doppia valenza, dal momento che Forza Italia e Lega non solo puntano a conquistare la presidenza regionale ma anche a ottenere il primato di voti nella coalizione. Questo vale soprattutto per Forza Italia, che in uno scenario a lei favorevole (50 giorni fa Fi ha ottenuto circa il doppio delle preferenze del Carroccio) ha bisogno di tornare a essere il pilastro dello schieramento moderato, per permettere a Berlusconi di superare lo shock del 4 marzo e togliere protagonismo alla leadership di Salvini, mal tollerata dall’ex premier. Tanto più che il 29 aprile si apriranno i seggi in Friuli-Venezia Giulia, dove il segretario leghista conta su un trionfo del “suo” Massimiliano Fedriga, se possibile relegando di nuovo gli azzurri in una posizione marginale (alle Politiche la Lega ha sfiorato il 26% dei voti, con Forza Italia ferma al 10%).
Da parte sua, Matteo Salvini si è lanciato a sostegno del berlusconiano Toma annunciando che in caso di vittoria leghista alle Regionali “nell’arco di 15 giorni chi deve capire capisce, e il Governo inizia a lavorare”. Pure in questo caso, non è immediato che un successo del centrodestra a Campobasso e Trieste spinga il Quirinale a non prescindere dall’alleanza Lega-Forza Italia-Fratelli d’Italia per superare lo stallo in Parlamento, e al contrario cattive notizie potrebbero far riemergere tensioni latenti in una coalizione pensata in primis per adattarsi al meglio al Rosatellum.
Più complesso è prevedere se e come la nuova probabile sconfitta del centrosinistra (tra i big, solo Paolo Gentiloni ha sostenuto in prima persona Veneziale) possa influire sulle strategie a breve termine del Pd, dove si starebbe attendendo il definitivo naufragio dell’asse M5S-Lega per abbandonare l’Aventino deciso dall’ex segretario Matteo Renzi. Con il rinvio sine die dell’Assemblea nazionale prevista per domani, eventuali decisioni dei dem saranno legate alle iniziative del Capo dello Stato e non agli esiti delle contese nelle Regioni, con le quali dovrebbe prolungarsi la serie negativa che il Partito Democratico ha intrapreso alle Amministrative ormai dal 2016.
In conclusione, l’appuntamento che si celebrerà tra 48 ore in Molise avrà sì una rilevanza in termini di rapporti di forza nei e tra i partiti, ma non risolverà da solo il problema della mancanza di numeri alla Camera e in Senato. Lo stesso discorso vale anche per le Regionali del Friuli-Venezia Giulia, senza dimenticare che fino al prossimo 10 giugno saranno molteplici i territori interessati da elezioni. In altri termini, solo se la paralisi a Roma dovesse estendersi all’intero mese di maggio le urne locali potrebbero incidere in qualche misura sulla costituzione del futuro Esecutivo.