Si è chiusa la tre giorni del Lingotto alla ricerca di collegialità e giovani
di Simona Corcos
L’immagine di Renzi sul palco, con tutti i dirigenti del Pd, i ministri, Gentiloni e gli organizzatori, ha chiuso la tre giorni del Lingotto 2017.
Una ventata di novità rispetto alle Leopolde, un elemento che fa intuire un cambio di rotta rispetto al passato (impossibile però non fare lo stesso un paragone con le precedenti manifestazioni, il format proposto è quasi identico, sia nell’organizzazione delle sessioni plenarie che nei 12 tavoli tematici). Inversione di tendenza che emerge durante il discorso di chiusura dell’ex premier, che ha voluto evidenziare come il Pd abbia bisogno di più leader che si occupino collegialmente di cura del territorio, delle persone e del futuro. Con il combinato disposto, però, del segretario-leader.
Lo storytelling del Lingotto è stato costruito tutto sul concetto di “insieme”, una parola che è tornata più volte nei discorsi, e che è parte integrante dello slogan della tre giorni: “Tornare a casa per ripartire insieme”. E anche Maurizio Martina, promesso vice di Renzi, che ha preso il posto di Maria Elena Boschi, fa riferimento a questo “progetto collettivo”, al senso di comunità e alla volontà di ricostruire il Pd, richiamando il vecchio slogan “sono partito democratico, e non torno indietro”. L’autocritica è forte: “Abbiamo regalato intere praterie alla destra”. Per poi rincarare: “Adesso dobbiamo ricreare un partito popolare alternativo ai populisti”.
Renzi si rivolge a Emiliano e Orlando come compagni di squadra. Augura loro buon lavoro. “Questa comunità però non si rompe” – dichiara – parlando a chi “ha cercato di distruggere il Pd, perché c’è stato un momento di debolezza innanzitutto mia”. E va avanti affermando che “queste persone non si sono accorte che c’è una solidità e una forza che esprime la comunità del Pd”. Dure le critiche ai fuoriusciti da parte della Serracchiani, che raccoglie molti applausi: “Chi è uscito non pensi di rientrare con i listoni, non ci faremo condizionare”. Mentre Matteo Orfini apre a Pisapia, dichiarando che “guardiamo con interesse a Giuliano, vogliamo continuare a lavorare e combattere insieme”.
L’effetto della scissione, a Torino, è una gara a chi parla di più di Sinistra, con un intervento di Emma Bonino fortemente critica su Europa, migranti, unioni civili e con Luigi Berlinguer che rimprovera Renzi, esortandolo a non fare tutto da solo.
Renzi parla di lavoro, degli operai della Fiat di Melfi e Mirafiori, e non di Marchionne: “il lavoro bisogna crearlo e non farci convegni”. Nell’ottica di recuperare consensi “più” a sinistra annuncia una scuola di partito, per formare una nuova classe dirigente, una nuova Frattocchie, diretta dallo psicanalista Massimo Recalcati.
Nodo centrale restano i giovani, quella generazione di millennials che sembra ancora lontana dalle file del Pd e sulla quale il Pd vuole investire. E tra le circa 5.000 persone che hanno partecipato all’ultima giornata del Lingotto, sono proprio loro a mancare: pochi e colpisce l’età media dei partecipanti, in gran parte over 40. Forse proprio per arrivare a questa parte dell’elettorato verrà creata “Bob”, la piattaforma digitale, in onore di Kennedy e in concorrenza con Rousseau del Movimento 5 Stelle. Il Pd dunque vuole ripartire dalla formazione, con la scuola che, come luogo di inclusione, dovrà essere fulcro del progetto politico.
“La partita inizia ora – conclude Renzi – c’è un progetto per il Paese, la mozione sarà scritta la prossima settimana grazie al contributo dei 12 workshop tematici e di tutte le persone che hanno preso parte a queste giornate”.