Alcuni effetti pratici del post-Assemblea dem. M5S post-voto: verso incarico dal Quirinale
di S.D.C.
La scissione del Pd potrebbe avere, tra gli altri, alcuni effetti anche sulla questione della legge elettorale, tuttora aperta. La rinascita del proporzionale, dal canto suo, sta enfatizzando ancor di più il frazionamento dello scenario politico-partitico.
L’attuale segretario ormai dimissionario, Matteo Renzi, non dovrebbe avere più alcun interesse ad appoggiare un intervento correttivo nel senso di un premio alla coalizione anziché alla lista visto che: 1) questo potrebbe facilitare aggregazioni sul sempre più variegato fronte dei vecchi e nuovi partiti di sinistra; 2) appare assai difficile pensare a un accordo post voto con gli scissionisti più o meno coalizzati. D’altra parte, almeno a oggi, sembra in salita un’eventuale intesa con il Movimento lanciato da Giuliano Pisapia, non a caso corteggiato proprio dai fuoriusciti Pd.
Altre conseguenze immediate della scissione: elezioni più vicine nel senso che, piccole modifiche a parte (il premio di coalizione non lo sarebbe stato), adesso si potrebbe decidere di andare alle urne anche con i due sistemi decisi dalla Corte Costituzionale per Camera e Senato. Tanto più, questo, con un Governo Gentiloni che, specie a Palazzo Madama, appare appeso ai numeri. Infine, in un futuro non troppo lontano e visto l’inevitabile dimagrimento del Pd – quantomeno in prima battuta – si va verso un incarico al M5S da parte del Quirinale, come partito di maggioranza relativa, per cercare di formare il nuovo Esecutivo.
Questo il panorama che abbiamo di fronte, in considerazione di un proporzionale che mai come ora appare il vero vincitore dello scontro politico nel Pd. Con una galassia di partiti e partitini alla sinistra (quelli che in molti non a caso chiamano generalmente “Cose Rosse”) che, lungi dall’essere coesi, appaiono per lo più in piena concorrenza tra loro e incerti sulla collocazione da assumere.
Vediamo, a oggi, i principali contorni di questa galassia.
Nuova sinistra-diritti e lavoro (o simili) dovrebbe essere il nome del principale gruppo di fuoriusciti dal Pd. Alla Camera vengono dati per sicuri 22 deputati bersaniani. Si uniranno ai 16 che firmarono per la candidatura di Arturo Scotto alla segreteria di Sinistra Italiana e che poi hanno lasciato, a loro volta, questo partito. Scotto che, subito dopo, si è avvicinato al nuovo progetto di Giuliano Pisapia (“Campo Progressista”). Così si costituirebbe un gruppo di una quarantina di deputati. Al Senato Scotto non ha rappresentanza. Ma i bersaniani sono tra i 12 e i 15, sufficienti per formare un Gruppo autonomo, avere un capogruppo, ottenere i finanziamenti.
La componente “ortodossa” di Si guidata dal neosegretario Nicola Fratoianni, con l’ex Pd Stefano Fassina e il padre nobile Nichi Vendola, si dichiara contraria a qualsivoglia apertura ai dem. Ma non pare affatto vicina nemmeno a Pisapia. Come pure il movimento Possibile guidato da Pippo Civati, anche lui come Fassina fuoriuscito dal Pd nel 2015.
Una copertura a sinistra senza i dem è anche da tempo l’idea di Massimo D’Alema, leader della minoranza che ha lasciato intendere da subito di non voler più “negoziare” con Renzi coagulando consensi movimentisti attorno al progetto di “ConSenso”, un listone dai contorni molto incerti che alla fine potrebbe comprendere anche gli arancioni del sindaco di Napoli Luigi De Magistris, assieme ad altre rappresentanze della società civile.
Completa il composito mosaico, il governatore della Toscana Enrico Rossi, che non conta su una rappresentanza parlamentare, ma sta lentamente costruendo una rete capillare sul territorio.