Le Commissioni Industria e Ambiente esaminano i vantaggi competitivi dei Paesi con bassi standard energetico-ambientali. Obiettivo: approvare una risoluzione
Avrà inizio in queste ore, nelle Commissioni Industria e Ambiente del Senato, la discussione dell’Affare assegnato sulle assimetrie competitive per l’industria europea derivanti dai bassi costi energetici e dai bassi standard ambientali in Paesi extra Ue, subito ribattezzato nell’ambiente parlamentare “Affare sulla carbon tax”.
L’Affare assegnato, consistente normalmente nell’approfondimento di un tema seguito dal voto di una risoluzione, era stato richiesto lo scorso 9 maggio dal senatore Francesco Scalia (Pd). Prendendo la parola in Commissione Industria, Scalia aveva evidenziato come alcune aree del mondo non competano sul mercato mondiale con regole uniformi a quelle europee, circostanza che renderebbe necessario il rifiuto, da parte dell’Ue, di accogliere nel proprio mercato interno beni che godano di un vantaggio competitivo basato su bassi costi energetici e standard ambientali limitati. Nell’arco del suo intervento, inoltre, il senatore dem aveva richiamato la risoluzione dell’aprile 2015 con cui le stesse Commissioni Industria e Ambiente sostenevano che “andrebbe riconsiderata l’alternativa dell’introduzione graduale di forme articolate di carbon tax a valere sia sulle merci prodotte nella Ue sia su quelle di importazione, così da evitare negativi effetti di spiazzamento dell’Europa nel commercio mondiale”.
A quanto risulta a LabParlamento, l’esame dell’Affare assegnato non dovrebbe prevedere lo svolgimento di un ciclo di audizioni (come usuale in casi di questo tipo), limitandosi invece a un dibattito tra i commissari sull’argomento. Data l’assenza di un testo base da esaminare, verrà presa come punto di partenza la mozione presentata da Francesco Scalia e altri senatori Pd nel giugno 2016, con cui si impegnava l’Esecutivo “a rompere il meccanismo vizioso dell’attuale politica Ue di decarbonizzazione, (…) introducendo un’imposta sull’intensità carbonica dei prodotti” e “a individuare misure direttamente applicabili a livello nazionale, (…) finalizzate a incentivare le produzioni più pulite e a disincentivare le altre, a prescindere da dove i beni vengano prodotti”.