Provvedimento spot o giusto intervento per consentire la privacy? Al Senato si discute la delega al Governo
L’esame del disegno di legge che prevede una delega al Governo per garantire il conseguimento della tracciabilità dell’identità degli autori di contenuti nelle piattaforme di reti sociali, avviato in questi giorni in commissione Lavori Pubblici e Comunicazione al Senato, è passato un po’ in sordina tra gli organi di informazione. Si tratta infatti di un testo che pone una serie di interrogativi sul futuro della libera informazione sul web e su un’eventuale conciliabilità con le disposizioni in tema di garanzie del trattamento dei dati personali, sia a livello nazionale, che a livello comunitario (Atto Senato 2575).
Non è un mistero: in questi ultimi 12 mesi il dibattito politico e mediatico italiano si è concentrato molto spesso, talvolta in occasione di vere e proprie inchieste giudiziarie, sulle cosiddette fake-news e sui contenuti sensibili liberamente postati e condivisi sul web. Dalle notizie false, artificialmente preparate per ottenere like e alzare lo share pubblicitario delle pagine che le contengono a veri e propri scandali telematici, l’eventuale regolamentazione, con conseguente tracciabilità delle attività del web rischia di mutare sensibilmente gli equilibri della rete come la conosciamo. L’Italia, già in prima fila in tutta Europa per l’adozione della normativa sui cookies, si appresta a divenire, ancora una volta, antesignana delle regole che governano il web.
Ma cosa prevede questa delega al Governo?
Secondo l’intenzione dei senatori del gruppo per le autonomie Battista, Orellana e Panizza, firmatari della proposta, il Governo sarebbe delegato ad adottare, previo parere di una serie di amministrazioni, uno o più decreti legislativi finalizzati al conseguimento della tracciabilità dell’identità degli autori di contenuti nelle piattaforme di reti sociali, anche al fine dell’intervento da parte delle autorità competenti in caso di reati commessi mediante internet, in modo tale che gli organi preposti abbiano a disposizione non solo un archivio telematico di dati conservati ma, soprattutto, adeguati strumenti sanzionatori (“efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità della violazione” riporta la delega). Il tutto, s’intende, e il testo normativo tiene a sottolinearlo, senza ulteriori oneri finanziari a carico dello Stato.
Si tratta ora di comprendere l’esatta tempistica che richiederà la discussione e l’eventuale approvazione di questa proposta, recante un solo articolo. Ebbene, l’iter di questa delega appare già accidentato, anzitutto per il poco tempo a disposizione prima dello scioglimento delle Camere e, in particolar modo, per la difficile opera di armonizzazione con le normative abbastanza complesse in tema di intercettazioni e di trattamento dei dati personali, sia nazionali che comunitari (senza dimenticare la complessità di reperimento di dati immagazzinati da server non italiani). Altro scoglio da superare è quello rappresentato da chi, come alcuni parlamentari del Pd e del Nuovo centrodestra, vede in questa iniziativa una sorta di “bavaglio”, disegnato ad hoc sulla scia dei recenti fatti di cronaca nera che hanno aperto un caso sulla troppa libertà che regna, in particolare, sui social network.
In conclusione: un provvedimento spot? Giusta regolamentazione di un uso spropositato e spesso dannoso per la privacy? Palla al Senato per la risposta.