Se c’è una buona notizia, a pochi minuti dall’apertura delle urne, è che possiamo dire di aver messo alle spalle la peggior campagna elettorale dal 1948 ad oggi.
Due mesi di insulti fra leader(ini) e aspiranti tali, più preoccupati per i selfie con l’abbronzatura nascosta che del reale futuro di un Paese che, complice l’inflazione alle stelle e una recessione che graffia alle nostre porte, rischia di rivivere gli anni bui della crisi del dopo guerra.
L‘altra buona notizia è che, con buona pace dei colleghi d’oltralpe (e d’oltre oceano), delle segreterie di Stato internazionali e di tutti i banchieri mondiali, a decidere il destino del nostro Paese saranno ancora una volta cinquanta milioni di italiani, sulla cui sovranità l’unico tutor accreditato per tutelarne i diritti è e sarà la nostra splendida Carta Costituzionale.
Non ci resta che augurare buona scelta a chi vorrà esercitare quello che, lo ricorda bene l’articolo 48 della Costituzione italiana, è il diritto di voto: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”.
Dal 1948 al 1979 l’affluenza alle urne non è mai scesa sotto il 90%. Di lì un lento e progressivo distacco dei cittadini dalla politica, sancito con le ultime politiche del 2018, quando a votare si registrò l’affluenza più basso: 72,9%.