di Fabio Gnoffo
Alzi la mano chi in questi ultimi mesi non ha sentito parlare di reddito di cittadinanza. In un periodo in cui il tasso disoccupazione nel nostro Paese risulta essere oltre l’11%, molti ritengono necessario inserire tra le priorità dell’azione politica del Governo misure sia di sostegno al reddito che di contrasto alla povertà.
E’ necessario però fare un po’ di chiarezza distinguendo scopi e significati dei diversi sistemi di protezione sociale presenti nel nostro Paese, di quelli presenti nel resto d’Europa e di quelli oggetto di provvedimenti all’esame del Parlamento.
Quando sentiamo parlare di salario sociale dobbiamo sapere che si fa riferimento a un contributo statale destinato ai cittadini che si trovano in una situazione di povertà, a prescindere dalla sussistenza o meno di un lavoro. Quando invece si parla di salario minimo ci si riferisce a persone che hanno un’occupazione, e per le quali il suddetto salario rappresenta la soglia retributiva al di sotto della quale il salario contrattuale non può scendere.
In Italia non esiste un salario sociale ovvero una misura Statale a favore di chiunque si trovi in stato di povertà a prescindere dalla situazione lavorativa. In passato sono invece state promosse a livello territoriale delle misure (ad esempio la legge n.4/2009 della regione Lazio) sul reddito minimo garantito in favore di disoccupati, inoccupati o precariamente occupati finalizzato al rafforzamento delle politiche di sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nel mercato del lavoro.
A livello nazionale con l’articolo 60 del decreto n.5 del 2012 ha preso il via la sperimentazione finalizzata alla diffusione della “carta acquisti”, istituita dal decreto 25 giugno 2008, n. 112, come strumento di lotta alla povertà che ha coinvolto le 12 più grandi città del Paese. La sperimentazione ha concesso un beneficio economico, sulla base dei requisiti relativi alla situazione economica, familiare e lavorativa. I Comuni hanno avuto il compito di predisporre un progetto personalizzato di presa in carico, finalizzato al superamento della condizione di povertà, al reinserimento lavorativo e all’inclusione sociale.
Con la legge di stabilità 2016 è stato istituito un fondo denominato “Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale”, al quale sono state assegnate risorse per 600 milioni di euro per l’anno 2016 e 1 miliardo di euro a decorrere dall’anno 2017. Il Piano nazionale per la lotta alla povertà destinerà le proprie risorse per l’anno 2016 al fine di rafforzare e consolidare due strumenti: la “carta acquisti” e il nuovo assegno di disoccupazione (ASDI), previsto dall’articolo 16 del decreto 4 marzo 2015 n. 22, che ha la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori che siano ancora privi di una occupazione e si trovino in una condizione economica di bisogno una volta terminato il beneficio dell’assicurazione sociale per l’impiego (NaSpI).
Volgendo lo sguardo verso alcuni paesi dell’Unione Europea si può notare come gli strumenti messi in campo si distinguono chiaramente, a seconda dello status del beneficiario, in salario sociale e salario minimo.
In Francia è stato introdotto nel 2009 il “Reddito di solidarietà attiva” (RSA) che assicura a tutte le persone prive di lavoro un reddito minimo (salario sociale), e allo stesso tempo prevede un’integrazione economica per coloro che lavorano ma dispongono di un reddito che non raggiunge una soglia determinata a seconda della personale situazione socio-economica. E’ da sottolineare che il beneficio di basa su un sistema di diritti e di doveri nel quale chi riceve l’RSA ha l’obbligo di impegnarsi, con l’aiuto delle strutture statali, nella ricerca di una nuova occupazione. A completare il sistema francese di protezione sociale è previsto per legge il salario minimo di crescita (SMIC) che rappresenta la retribuzione lorda oraria al di sotto della quale non è possibile remunerare nessun lavoratore dipendente del settore privato.
Passando ad analizzare l’esperienza tedesca si nota come nel 2005 è entrato in vigore il c.d. “reddito sociale”. Questa misura è destinata a coloro che non hanno maturato il diritto ad usufruire dell’indennità di disoccupazione, ai disoccupati di lunga durata, a coloro che hanno un reddito al di sotto della sussistenza e a coloro che non riescono ad trovare un lavoro dopo aver concluso il ciclo di studi. Per accedere a questo strumento assistenziale i richiedenti devono avere un’età compresa tra 15 anni e quella prevista per il trattamento pensionistico, essere nello stato di bisogno, essere idonei allo svolgimento di lavori socialmente utili per almeno tre ore al giorno ed essere disponibili alla ricerca attiva di un impiego a seguito della stipula di un accordo di reinserimento presso i centri per l’impiego.
E’ da sottolineare che in Germania (a livello nazionale) il salario minimo legale è stato introdotto con una legge nell’agosto del 2014 ed è entrato in vigore solamente all’inizio di questo anno.
E’ doveroso concludere questa panoramica sulle misure di sostegno al reddito e di contrasto alla povertà facendo riferimento alle proposte di legge che sono attualmente all’esame del Parlamento.
Esattamente un anno fa è stato assegnato alla Commissione lavoro del Senato, in sede referente, l’esame del disegno di legge 1148, la nota proposta del M5S di istituzione del reddito di cittadinanza. Nel corso di questi mesi, vista l’affinità dei contenuti, sono stati congiunti all’esame del ddl 1148 altri tre disegni di legge: 1670, 1697 e 1919. Il primo prevede l’istituzione del reddito minimo garantito, il secondo l’istituzione del salario minimo orario e il terzo l’istituzione di una misura universale di contrasto alla povertà denominata reddito minimo.
Dal 23 giugno la Commissione lavoro del Senato ha ritenuto opportuno proseguire l’esame dei disegni di legge nell’ambito di un comitato ristretto, che ha lo scopo di provare a predisporre un testo che tenga conto delle varie iniziative legislative. Nelle prossime settimane vedremo quali saranno gli sviluppi.