Le banche italiane hanno ancora in pancia un ammontare rilevante di crediti deteriorati detti anche NPL (Non Performing Loan) o bad loans. Insomma “no good”!
Un recente studio condotto da PWC (Price Waterhouse Coopers) ha fatto emergere che il settore bancario deve percorrere ancora molta strada per poter ripulire i propri bilanci.
PWC ha calcolato che il NPE ratio delle banche Italiane ossia l’indice di esposizione verso i crediti in sofferenza rispetto al totale dei prestiti, è pari a circa l’8,6% contro una media europea del 2,9%, nel primo semestre del 2020.
Il problema è che un elevato stock di crediti deteriorati – come rilevato da Banca d’Italia –può comportare conseguenze negative per le singole banche, non per gli utili ma anche dal punto di vista della minore capacità di raccogliere nuove risorse sul mercato. Si tratta di un problema che potrebbe generare malfunzionamenti nel meccanismo di erogazione del credito.
Tuttavia secondo il Governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, i bilanci bancari non hanno ancora risentito in misura significativa della crisi pandemica.
“Il rapporto tra i nuovi non performing loan (npl, crediti deteriorati) e totale dei prestiti è sinora rimasto su valori storicamente molto bassi, attorno all’1% – ha spiegato -. La crescita dei crediti deteriorati è stata contenuta dalle misure di sostegno alla liquidità di imprese e famiglie (moratorie e garanzie pubbliche sui prestiti), da quelle di sostegno ai redditi delle famiglie e all’attività di impresa, dalla politica monetaria espansiva della Bce. Vi ha contribuito il miglioramento, negli ultimi anni, della condizione finanziaria delle nostre imprese”.Inoltre il cosiddetto Decreto Cura Italia, D.L 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla L 24 aprile 2020, n.27, all’art. 55 disciplina il credito d’imposta per le società che cedono i propri crediti deteriorati vantati nei confronti di debitori inadempienti. Il fine della norma è quello di fornire alle società un beneficio finanziario per sostenerle sotto il profilo della liquidità.
E’ previsto che “qualora una società ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2020, crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori inadempienti a norma del comma 5, può trasformare in credito d’imposta le attività per imposte anticipate riferite ai seguenti componenti: perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile […]”.
Nel frattempo le Aste immobiliari hanno subito un brusco rallentamento a causa del Covid-19. Infatti si è registrato un crollo dell’85% rispetto ai valori di fine febbraio 2020.Fino all’arrivo del Covid-19 la performance delle esecuzioni immobiliari risultava in miglioramento in Italia. Successivamente a seguito del rallentamento delle procedure restrittive si è registrato un rimbalzo delle aste tra luglio e settembre. E’ quanto emerge dalla fotografia scattata dall’Osservatorio Npe realizzato da Cribis-credit management sull’andamento dei crediti deteriorati e delle esecuzioni immobiliari.
In ogni caso siamo di fronte a un mercato ancora in espansione che vede protagoniste le società di servicing, ossia quegli operatori specializzati nel prendere in carico i crediti in sofferenza delle banche, preferibilmente con garanzie immobiliari sottostanti (cosiddettiSecured). Queste società si occupano della gestione dell’intero processo immobiliare. Navigando sui portali degli head hunter piuttosto che sui social, ci si imbatte in numerose offerte di lavoro riguardanti Asset Manager, Reoco Manager e Auction Manager, quest’ultimo in particolare è il professionista che si occupa di individuare soggetti interessati a partecipare alle vendite giudiziali, attraverso la promozione attiva delle vendite giudiziali, a complemento delle pubblicità di legge. Da una consultazione dei siti dedicati alle aste si può osservare come oggi sul mercato si trova di tutto: case, alberghi, parcheggi multipiano, ma anche castelli e perfino conventi.