Siamo figli, e parricidi, di Aristotele, Kant, Cartesio, Brecht.
La critica, il dubbio, la tesi e l’antitesi, la riflessione distonica al pensiero comune, sono da tempo, se non ancora sanzionati a livello penale, reietti per gli apparati massmediatici e, quindi, dalla società che ne è fortemente influenzata.
L’unica cosa che conta è l’accadimento odierno ed è considerato urticante, anzi, reprobo, cercare di compiere analisi utilizzando i periodi passati e le proiezioni future. Merita interesse solo la “news” del giorno vissuto, anzi dell’ora in cui si è calati.
Abbiamo trascorso due anni (non ancora terminati) di informazione monocorde sul virus e si è arrivati a compiacersi della correttezza di impedire l’accesso ai talk show dei c.d. No Vax, categoria creata ad arte dai medesimi che hanno forgiato i neologismi ideologici degli omofobi, islamofobi, xenofobi, razzisti, sessisti.
Oggi il nuovo gruppo sociale da mettere al bando è composto da coloro che cercano di comprendere le ragioni del truculento orrore di cui è vittima il popolo ucraino.
La storia si riduce all'”oggi”, negando se stessa, abiurando al proprio compito di indagine, comparazione e comprensione dello sviluppo nel lungo periodo della concatenazione di fatti, causa ed effetto l’uno dell’altro.
L’informazione è monolitica, non accetta deroghe, mal tollera altre visuali, altri angoli prospettici. Questo probabilmente rasserena gli animi degli spettatori, proni ad una verità data, non necessitante di studio e ricerche, elaborazioni e meditazioni, ossia non implicante fatica.
La fatica è bandita in Occidente, come la morte sino all’arrivo del Covid, e risulta maggiormente utile fornire una informazione premasticata, o, magari, meglio ancora, predigerita, così l’utente non dovrà impegnare né tempo né energie per cercare altre fonti, altri luoghi del sapere, altre possibili risposte.
La stessa scienza ha cancellato se stessa ergendosi a religione, a scientismo, non più domande, non più percorsi dialettici puntellati di criticità, ma acquisizione dogmatica cui la comunità è obbligata a credere pena l’esilio (“Non andate a Natale a casa dei non vaccinati”).
“Io credo nella scienza” è una contraddizione in termini perché la scienza è permanente osservazione e incessante investigazione. Io, credendo nella scienza, la snaturo, la svuoto di contenuto, la rendo altro, appunto una fede.
La storia è composta da fatti reali che, come le foibe, possono essere oscurati nei decenni, ma non per questo meno veri. Le immagini terribili delle popolazioni dell’Ucraina sotto i bombardamenti della aviazione e dei lanciamissili russi non possono lasciare silenti né indifferenti.
Sarebbe utile che tutte le immagini dei conflitti bellici fossero riprese, anche quelle in Serbia, Siria, Afghanistan, Iraq, Libia, tutti stati sovrani. La viva impressione è che non contino le condotte ma chi li pone in essere. Se l’autore è considerato “buono” allora tutti, dalla politica, alle istituzioni, alla informazione, possono chiudere uno o entrambi gli occhi, mentre se è “cattivo” ogni iride deve essere ben costantemente fissa su quanto sta avvenendo.
Con il cuore volto alle donne, ai bambini, agli anziani e ai valorosi uomini dell’Ucraina invito a leggere i resoconti di Amnesty International sugli eventi sanguinosi che hanno coinvolto le genti russofone e russofile del Donbass dal 2014 ad oggi.
Credo sia moralmente opportuno riflettere su come questo inferno si sarebbe potuto evitare se la nuova presidenza statunitense e l’Unione europea avessero operato con maggiore saggezza geopolitica, tenendo in considerazione che l’abbattimento del Muro di Berlino si è verificato l’altro ieri e che il sangue dei Popoli non è fatto di acqua: la ruggine non va rimossa con la polvere da sparo ma con un dialogo “vero” e non fittizio.
L’attitudine di molti italiani a conformarsi al prodotto che gli viene proposto a rete unificate in modo incontrovertibile ed indiscutibile, li sta rendendo perfetti sudditi di una monarchia assoluta e ottimi soldati di una, non più futuribile, guerra.
Riguardo a tale ultima espressione mi corre l’obbligo compiere una annotazione conclusiva di natura costituzionale. Il voto quasi unanime del Parlamento dello scorso 1 marzo sulla risoluzione che ha autorizzato il Ministro della Difesa a cedere armi all’esercito (solo a quello regolare?) ucraino, ossia ad un paese belligerante non NATO, ha violato gli artt. 11, 78 e 87 della Costituzione, per quel che quest’ultima possa ancora valere dopo due anni di sua violazione brutale.
La storia non insegna nulla, l’ignoranza rende cechi dinanzi all’ovvio e la rimozione del diritto toglie gli ultimi argini alla esondazione.