Lo scenario di guerra in Ucraina è sempre più tecnologico e, accanto a bombe, incursioni militari e prove di pace, l’innovazione digitale conquista sempre più spazio negli arsenali di ambedue i contendenti.
Da una parte la Russia, sempre più messa all’angolo dalle potenze “tech”: nei giorni scorsi Twitter, Google e Facebook, infatti, hanno applicato filtri per bloccare l’accesso alla propaganda moscovita. Dall’altra parte ci pensa il popolo della Rete a far sentire la sua voce e il senso di giustizia (o presunta tale).
Come in ogni guerra che si rispetti, infatti, c’è anche la guerriglia. A muoversi già all’indomani dell’invasione dell’Ucraina da parte Russa ci ha pensato Anonymous, il movimento web di hacktivismo che, nella notte tra il 24 e il 25 febbraio scorso, ha dichiarato “guerra informatica totale” a Mosca. Nel giro di poche ore, gli esperti hacker del collettivo hanno messo a soqquadro il sistema informatico della Grande Russia, pronti a difendere Kiev, anche se solo attraverso uno schermo.
Dando ufficialmente il via all’operazione “OpRussia”, nel giro di poche ore si sono moltiplicati gli attacchi ai siti di informazione, agenzie stampa e portali governativi sovietici. Tra i più clamorosi quello al sito del Cremlino, del Parlamento e quello del ministero della difesa di Mosca. Dopo qualche giorno – il 2 marzo – è toccato all’agenzia spaziale russa, mentre la settimana scorsa è stato il turno della società energetica Gazprom e Lukoil. Ancora, il 5 marzo, è stato messo sotto attacco il sito web dei servizi segreti.
Attacchi maggiormente pervasivi hanno portato al furto di numerosi documenti informatici e dati sensibili dell’esercito russo. Da una di queste cyber-incursioni, in tal modo, è stato possibile apprendere che l’invasione dell’Ucraina era già stata decisa lo scorso 18 gennaio, con una tempistica stimata di durata della guerra dal 20 febbraio al 6 marzo. Ancora in tema di fuga di notizie, uno degli ultimi colpi messi a segno da Anonymous riguarda la diffusione di oltre 120mila dati di soldati russi, con tanto di nome, date di nascita, indirizzi, telefono e reparto di appartenenza, informazioni preziose specie per l’esercito di Kiev.
In questo fuoco di fila non potevano mancare le TV russe, prese da assalto dai pirati del web: qualche giorno fa è stata oscurata la TV di stato con sede a Mosca e, al posto dei tradizionali programmi, campeggiavano immagini (reali) della guerra e canzoni ucraine.
Ma di certo Mosca non rimane a guardare. Già a gennaio scorso più di 70 siti governativi ucraini erano stati colpiti da un malware a causa del quale è apparsa, a posto delle tradizionali informazioni, una scritta che non lasciava presagire nulla di buono: “Abbiate paura e temete il peggio”. Accanto alle bombe tradizionali, diverse fonti affermano che il Cremlino si stia preparando ad utilizzare, in questi giorni, diversi virus informatici chiamati wiper, finalizzati alla cancellazione dei dati presenti nei server stranieri.
Non è escluso, in questo scenario, che per far fronte alla guerra sul campo gli USA dispongano un attacco cyber utile a far desistere l’esercito di Mosca ad avanzare. Tra le misure che numerosi appartenenti all’apparato militare dello Zio Sam hanno proposto al Presidente Biden ci sarebbero l’interruzione della connessione Internet in Russia, il blocco dell’energia elettrica (attraverso il potente malware GreyEnergy, che ha già causato il blackout a Kiev il 23 dicembre 2015) e la manomissione degli scambi ferroviari, così da impedire la corretta circolazione dei convogli, in particolare quelli militari carichi di armi e vettovaglie per l’esercito. Una guerra, insomma, da combattere direttamente dal salotto di casa.