Il termine religione indica il legame tra gli uomini e il divino, realizzato attraverso prescrizioni, culti, riti, che avevano forza se mediate da un capo o re sacerdote, il “Rex Sacrorum”. Un’importante funzione che univa potere temporale e spirituale. La storia ha poi diviso gli ambiti di pertinenza, fino ad oggi, dove la geopolitica ne ha tracciato nuovi e inattesi scenari.
La chiesa Cattolica risolse i suoi contrasti con lo Stato attraverso i Patti Lateranensi del 1929 e 1984, con un riconoscimento reciproco, improntato da un “estremo realismo” ottenendo, anche, importanti interventi economici e fiscali. Qualcosa di simile è avvenuto tra la Chiesa Russa e Putin, con quello che uno storico ha definito un “contratto a prestazioni corrispettive”.
Partiamo dai difficili rapporti durante Stalin, benché la pratica religiosa ebbe limitazioni, non fu mai proibita per non alimentare dissapori con la classe più povera devotamente legata alla sua religione pregna di elementi mistici e spirituali.
Dopo l’implosione dell’URSS e i vari avvicendamenti, con Putin, i rapporti tra Stato e Chiesa sono mutati. Il Patriarca Moscovita ha sempre avuto grande prestigio e potere nel mondo ortodosso, questo perché poteva vantare un gran numero di fedeli e operatori.
Ricordiamo che la Chiesa Ortodossa a differenza di quella Cattolica non ha un solo capo spirituale, ogni Chiesa ha il suo patriarca, che misura il suo prestigio sul numero dei devoti. Questo potere consentì al Pope Russo di poter criticare apertamente il Patriarca di Costantinopoli considerato troppo “morbido” nei confronti di Bergoglio.
Una situazione di privilegio e potere che subì una battuta d’arresto, con la Guerra del Donbas nel 2014. L’Ucraina fino a quel momento era stata un grande bacino di fedeli e sacerdoti per la Chiesa Russa, da cui dipendeva, avendo tra l’altro nel suo territorio importanti luoghi sacri. Con la guerra nei territori russofoni, chiese e ottenne nel 2018 di diventare autocefala e indipendente da Mosca.
Questa situazione portò alla difficile coesistenza di due chiese, quell’Ucraina, che aveva i luoghi più sacri dell’Ortodossia lungo il fiume Dnepr e quella Russa. Kirill I criticò il riconoscimento di Costantinopoli, considerando la ratifica, uno scisma; fu forse proprio nella perdita di autorevolezza che il Patriarca decise di appoggiare Putin e la sua politica.
I due hanno sempre avuto la stessa posizione rispetto la famiglia, sessualità e aborto. Non a caso alla richiesta del Papa di Roma di intercedere presso il Presidente russo, la risposta di Kirill è stata “la guerra è giusta perché è contro la lobby gay”. Affermazione quanto mai singolare se non inserita in una visione che vede l’Occidente come fonte di depravazione e origine di ogni male.
Pensiero condiviso da Putin, che usando categorie religiose, ha deciso di riproporre la versione del “Principe Guerriero”, difensore dell’ortodossia e dello Stato. Putin ha appoggiato la chiesa Ortodossa affermando che “il cristianesimo è il punto di partenza per l’istituzione e lo sviluppo della grande compagine russa, la vera rinascita spirituale”.
Dichiarazioni accompagnate da importanti esenzioni finanziarie, ricevendo in cambio la legittimazione del suo progetto. Sulla base di queste nuove posizioni, l’esercito si è ammantato di spiritualità e la vicenda dell’esecuzione dello Zar è diventata “una pagina buia, una tragedia”.
Ma in tutta questa faccenda come si è comportata la Chiesa di Roma? Anche questa colpita dalla fascinazione Putiniana, per lungo tempo ha scomodato i “messaggi dal Cielo” come quelli di Fatima e trovando nelle ricorrenze altrettanti messaggi divini, come lo scioglimento dell’URSS avvenuto il giorno dell’Immacolata l’8 dicembre del 1991, o l’ammainamento della bandiera rossa avvenuta lo stesso anno il 25 dicembre; senza dimenticare la “devozione mariana” di Putin e i numerosi “memorandum d’intesa” firmati tra Russia e Santa Sede.
Intesa mutata con l’Operazione Speciale, dove il Papa è sembrato isolato rispetto alla diplomazia Vaticana più accorta e sobria rispetto alle posizioni del Pontefice.
Il pacifista Bergoglio, Gesuita, forse richiamandosi al pensiero dell’Esercito di Dio del Concilio di Trento, ha percepito il pericolo del potere temporale investito di sacralità. Putin, del resto, ha lo stesso nome del principe guerriero Vladimir, caro a Ucraini, Russi e anche alla chiesa di Roma.
La Consacrazione a Maria, di Russia e Ucraina (distinte), può quindi essere una risposta politica, seppur solitaria, al nuovo Rex Sacrorum, Vladimir Putin.