Dopo un lungo e tormentato percorso alla Camera, alle 5 di mattina di domenica 20 dicembre 2015, la Stabilità 2016 ha assunto la sua forma definitiva: durante i due passaggi parlamentari (prima al Senato e poi alla Camera), il provvedimento ha subito un numero spropositato di modifiche e correzioni, passando dagli iniziali 52 articoli ad una composizione ad articolo unico fatto di ben 999 commi.
Il fatto che il più importante documento annuale di finanza pubblica sia stato praticamente riscritto e rivoluzionato rispetto a quella che era la forma originaria che il Governo aveva voluto dargli il 15 ottobre scorso, potrebbe indurre a pensare che, nonostante la forma di governo italiana sia ormai diventata nei fatti una sorta di premierato, il Parlamento riesca comunque, nelle occasioni che contano, a far valere il primato che i Costituenti avevano voluto attribuirgli nel 1948. Tuttavia non è così, almeno non in senso assoluto. Si può sicuramente riscontrare un certo peso del Parlamento nella fase cruciale dell’esame dei provvedimenti più importanti (come nel caso della Stabilità e dei decreti-legge) ma il più delle volte è comunque il Governo a manovrare in maniera decisa (presentando un numero di massiccio di propri emendamenti) la maggioranza che lo sostiene alla Camera e al Senato, lasciando davvero poco spazio ad iniziative di carattere puramente parlamentare.
Adesso la Stabilità è tornata al Senato per la definitiva approvazione (arrivata martedì 22 dicembre con voto di fiducia, con 162 voti a favore) e alcune delle novità inserite in Parlamento sembrano davvero rilevanti sotto il profilo economico-finanziario. Il valore della manovra è passata dagli iniziali 27 a 35,4 miliardi di euro, segno che le maglie finanziarie sono state allargate in corso d’esame. Speriamo che arrivino anche i risultati immaginati, cioè una ripresa economica più consistente rispetto a quella sperimentata nel 2015.