Non sono mancate, negli ultimi dieci anni, le iniziative legislative volte al contrasto alla povertà. SIA, REI, RDC: sigle dietro le quali si nascondono drammi personali a cui si fatica a dare risposta
di Alessandro Alongi
Tutti hanno cercato la dama per il gran Ballo, ovvero l’addio alla povertà delle famiglie italiane ma pochi, sin ora, sono riusciti a trovarla. Tanti valzer, polke e mazurke che probabilmente non hanno sortito gli esiti sperati se, da qualche giorno, è stata predisposta una nuova misura per combattere la miseria sociale. Ci prova adesso, infatti, l’esecutivo giallo-verde con l’iniziativa approvata lo scorso 17 gennaio per mezzo del decreto-legge che istituisce il reddito di cittadinanza. Ennesimo esperimento o soluzione del problema? Arduo ancora esprimersi, specie guardando le esperienze del passato.
È morto nella culla il Reddito di inclusione (REI) approvato in conclusione della passata legislatura e operativo dal 1° giugno 2018, sussidio che rappresenta il più giovane antenato del Rdc. Il REI presentava caratteristiche per molti aspetti simili al RdC, seppur con gradazioni diverse: un beneficio economico (tra 200€ e 500€), erogato mensilmente attraverso una carta di pagamento elettronica (così come la nuova carta prevista da Di Maio e analoga alla vecchia Social Card) in tandem con un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà. I soggetti beneficiari, nella sostanza, dovevano impegnarsi attivamente per conseguire una qualifica e trovare un impiego, secondo un progetto ad personam appositamente predisposto per loro. Per averne accesso il soggetto doveva stare al di sotto di un Isee di 6.000€, possedere un patrimonio immobiliare non superiore a 20.000€ e depositi, conti correnti e titoli non superiori a 10.000€ (ridotti a 8.000€ per una coppia e a 6.000€ per un single). La durata della misura era stata fissata in 18 mesi, superati i quali non poteva essere rinnovata se non trascorsi almeno sei mesi.
Uguali, nella sostanza quindi, le condizioni di accesso tra RdC e REI (“ricchezza” familiare calcolata sulla base dell’ISEE, titoli e immobili), medesima l’impostazione di base (RdC e REI sono destinate al nucleo familiare più che al singolo componente), identica la durata (18 mesi, rinnovabili) ma diversi negli importi (che, nel caso del RdC, può arrivare a 780€ al mese) e parzialmente diverso, ancora, il ruolo del soggetto in situazione di povertà nella ricerca di una occupazione, più attivo nel REI e meno protagonista nel RdC.
Un salto alla legge di Stabilità del 2016 (L. 208/2015) e ritroviamo il Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA), una misura di contrasto alla povertà che prevedeva l’erogazione di un beneficio economico (sempre tramite una card) alle famiglie in condizione di povertà nelle quali almeno un componente fosse stato minorenne oppure vi fosse stato presente un figlio disabile o una donna in stato di gravidanza accertata. Anche in questo caso, per godere del beneficio, il nucleo familiare del richiedente doveva aderire ad un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa sostenuto da una rete integrata di interventi, individuati dai servizi sociali dei Comuni in rete con gli altri servizi del territorio (i centri per l’impiego, i servizi sanitari, le scuole) e con i soggetti del terzo settore, le parti sociali e tutta la comunità. In questo caso il requisito economico prevedeva un ISEE inferiore o uguale a 3.000€, l’assenza di beni durevoli di valore, e la cittadinanza italiana, comunitaria o straniera con 2 anni di residenza in Italia.
Risale a dieci anni fa, invece, l’idea di far transitare l’argent su una tessera elettronica, dando via alla nascita di quei “bancomat sociali” così largamente diffusi in seguito. Padre del SIA, nonno del REI e bisnonno dell’invenzione grillina è la “Carta acquisti” (introdotta dal D.L. 112/2008), riservata ai cittadini di età pari o superiore a 65 anni e i bambini di età inferiore a 3 anni, ricaricata mensilmente di 40€ da utilizzare per gli acquisti di prima necessità, poi evolutasi in una “Carta acquisti sperimentale” (con il D.L. 5/2012), un beneficio bimestrale da 200 a 400 euro per ogni nucleo familiare privo di lavoro e con la presenza di almeno un minore (soglia ISEE di 3.000€ e un valore immobiliare inferiore a euro 30.000€).
Dieci anni di cifre, teoremi e asticelle che, implacabilmente, hanno determinato chi stava dentro o fuori le varie misure di volta in volta proposte, poche di queste davvero capaci di far uscire dal mero assistenzialismo la persona la cui dignità, forse, va ricercata al di là di un decreto.