Anche nel 2015, come ogni anno, l’ultimo mese di lavoro di Camera e Senato prima della pausa estiva (prevista a partire da sabato 8 agosto) sarà caratterizzato da un ingorgo parlamentare.
Da martedì 7 luglio e fino a venerdì 7 agosto, le Aule e le Commissioni di Camera e Senato dovranno lavorare a pieno ritmo (probabilmente anche con sedute notturne o fiume) se vorranno evitare la decadenza di importanti decreti-legge (su tutti quello sulla rivalutazione delle pensioni che scade il 20 luglio), approvare la riforma della scuola e quella della RAI e permettere contestualmente l’approvazione in terza lettura (al Senato) del disegno di legge di riforma della Costituzione.
Nella seduta di martedì 7 luglio, la Commissione Affari costituzionali del Senato ha ripreso l’esame del DdL Boschi che interviene profondamente sulla Carta costituzionale. Il disegno di legge è rimasto fermo per quattro mesi (uno in più del minimo previsto dall’art. 138 della Costituzione stessa: «intervallo non minore di 3 mesi») dopo l’OK ricevuto alla Camera a marzo. Sarà ovviamente questo il terreno parlamentare sul quale andrà in scena la battaglia politica più rilevante. Per il Ministro delle Riforme costituzionali On. Maria Elena Boschi (PD) sarebbe fondamentale riuscire a chiudere la terza lettura prima della sospensione estiva per poi avviare i lavori alla Camera già nel mese di settembre, in maniera tale da rispettare la tabella di marcia che il Governo Renzi si era data nel 2014: concludere la fase parlamentare entro l’autunno del 2015 per permettere lo svolgimento del referendum nei primi mesi del 2016. Il premier Matteo Renzi (PD) sembrerebbe invece aver assunto una posizione più moderata, non escludendo correzioni al testo (la minoranza PD ha chiesto di reintrodurre l’elettività del Senato) e non annunciando – per il momento – scadenze tassative. Resta da vedere se durante questo mese Renzi non effettuerà forzature in merito alla tempistica dei lavori, dato che rinviare tutto a settembre potrebbe significare riaprire il dibattito generale sul DdL e non limitarlo alla sola questione della forma da dare al futuro Senato.
La fase che si apre al Senato sarà estremamente delicata, sia per l’importanza dell’argomento trattato che per una questione di numeri. In Aula la maggioranza può contare – sulla base delle ultime informazioni e degli ultimi passaggi di senatori da un gruppo all’altro – su circa 9 senatori in più rispetto all’opposizione: un margine così piccolo, oltre a non essere tale da assicurare un percorso veloce al DdL, non può neanche mettere a riparo il Governo da qualche spiacevole imprevisto. Ma prima di arrivare in Aula, la riforma deve superare lo scoglio rappresentato dall’esame nella Commissione guidata dalla presidente nonché relatrice del provvedimento Sen. Anna Finocchiaro (PD). Qui l’equilibrio è pressoché assoluto, con 14 senatori per la maggioranza e 14 per la minoranza. È davvero arduo immaginare che i lavori possano procedere spediti e non incorrere mai in problematicità ed è ancora più difficile ipotizzare che le votazioni degli emendamenti possano essere effettuate nel giro di due sole settimane senza incontrare resistenze ostruzionistiche se prima non si giunge a un accordo interno al PD (e alla maggioranza), un gentlemen’s agreement che garantisca un largo consenso su alcuni punti basilari e imprescindibili.
A distanza di un anno, il Governo sembrerebbe comunque aver preso maggiore coscienza del fatto che l’esigenza di fare presto le riforme potrebbe scontrarsi con la necessità di farle al meglio e che in questa legislatura (il cui termine è previsto nel 2018, salvo sorprese), tutte le riforme e tutti i provvedimenti avranno inevitabilmente bisogno della collaborazione e del sostegno dell’attuale Senato, dove i numeri per la maggioranza non sono “comodi” e dove oltre al percorso delle riforme potrebbe essere in bilico la tenuta stessa del Governo.