Il Guardasigilli propone un’alternativa nei contenuti alla leadership renziana
“Unire l’Italia, unire il Pd. Una casa divisa non può reggere“. È questo il tema fondamentale delle linee politico-programmatiche con cui Andrea Orlando si candida a segretario del Partito Democratico, in vista delle primarie del prossimo 30 aprile.
La volontà di ridurre le distanze e di sanare le fratture, infatti, rappresenta la ragione per cui il ministro della Giustizia ha deciso di correre per la leadership dem, a sua detta non per rappresentare la sinistra del partito ma per ricostruire il centrosinistra e rimettere il Pd in sintonia con i contesti sociali da cui si sarebbe colpevolmente allontanato.
Nella piattaforma elaborata dal Guardasigilli trovano spazio tutte le sfide che il Partito Democratico (ma lo stesso si può dire per la politica e la democrazia italiane) si trova ad affrontare in tempi complessi come quelli attuali: dalle disuguaglianze socio-economiche ai ritardi del Mezzogiorno, dai cambiamenti climatici ai rischi che la rivoluzione del digitale porta con sé, dalla necessità di coniugare il ritorno della crescita con il mantenimento del Welfare all’esigenza di rilegittimare le Istituzioni agli occhi degli italiani.
Nell’esporre la sua visione del Pd e del Paese, Orlando non minimizza i risultati ottenuti dal Governo Renzi né esprime un giudizio completamente negativo su una fase (durata circa tre anni) che lo ha visto ricoprire un ruolo di primo piano. Tuttavia, il ministro della Giustizia avanza nei contenuti delle critiche ragionate ad alcuni dei capisaldi dell’esperienza renziana al vertice del Partito e dell’Esecutivo, come il Jobs Act, la Buona Scuola e soprattutto il doppio mandato segretario-premier, ritenuto dal Guardasigilli non adatto all’attuale contesto politico tripolare.
Alcune delle proposte di Andrea Orlando introdurrebbero invece, se attuate, innovazioni rilevanti nel panorama italiano: a titolo di esempio, basti pensare da un lato all’Agenzia per la ricerca e lo sviluppo (definita “Iri della conoscenza”) destinata a sostenere una nuova politica industriale basata sul ritorno degli investimenti pubblici e, dall’altro, alla volontà di favorire (attraverso strumenti simili al débat public) la partecipazione dei cittadini alle decisioni delle Istituzioni.
Che si condividano o meno, delle linee politiche così articolate non possono che fornire un contributo salutare al dibattito nel Partito Democratico, a patto che il Congresso non si limiti a essere da qui al prossimo mese un’ulteriore contrapposizione tra aspiranti leader.