Da un anno e poco più il mondo combatte con un virus di origine sconosciuta, e l’infezione ha raggiunto da tempo anche le vene d’inchiostro dell’editoria. Era inevitabile, infatti, che uscissero in relazione alla pandemia attuale saggi, pamphlet, memoriali, romanzi. La Fantascienza poi, che flirta con l’immaginario della catastrofe da almeno un secolo e mezzo, non poteva certo esimersi – dopo aver esclamato “ve l’avevo detto!” – di prendere le fila di questa esplosione di pagine. Non importa se di malattie mortali ha già parlato Frank Herbert, Stephen King o addirittura Mary Shelley: abbiamo scoperto sulla nostra pelle come sul tema ci sia sempre qualcosa da dire, e di ciò L’Arca della Civiltà di Errico Passaro (Tabula Fati, 248 pagine, 14 euro) è esempio perfetto, preveggenza calata in ambito narrativo.
Uscito infatti quando correva ancora l’infausto 2020, l’Arca unisce spy story, distopia, fantascienza classica (hard, direbbero gli esperti) narrando di come un’arma biologica segreta, volta alla creazione di soldati ultrapotenziati, si trasformi fatalmente in un’infezione planetaria che riduce ogni essere vivente a un indistinto protoplasma. Non prima di averne fatto un killer impazzito, ovviamente.
Ma se l’azione corre in principio sul filone ben noto della diffusione di un virus letale – comprese ahinoi le ampie zone grigie della sua origine artificiale -il baricentro si sposta ben presto verso un’area di riflessione quasi filosofica: cosa resta da salvare del mondo? E ne vale la pena?
Dilemmi epocali, evocati alla luce di rivelazioni altrettanto impreviste: il sorgere di una primordiale intelligenza collettiva nelle creature infettate, e il palesarsi sempre più distinto di altre presenze, antiche e senza nome, che a questo sviluppo della storia umana avevano in qualche modo preparato la via. L’Arca del titolo, infatti, non è solo un vascello di salvezza pronto a salpare per gli oceani neri del cosmo, ma è la riproposizione in scala – reale e figurata – della Terra stessa, al cui interno gli uomini sono chiamati a superare un nuovo esame, a confrontarsi col pericolo di un secondo e definitivo Peccato Originale.
Giunti a questo punto, ci si può chiedere: ma a mischiare spunti che sembrano cronaca, thriller e riflessioni quasi asimoviane, non c’è il rischio di mettere troppa carne al fuoco? Dubbio legittimo, cui però Passaro – veterano della sci-fi – risponde con un’abile sintesi di passaggi, non dilungandosi mai, e puntando invece a suscitare un progressivo afflato cosmico per la sua epopea quasi postumana. Personaggi e situazioni sono tasselli, e il giudizio del lettore sul quadro completo può arrivare solo dopo l’ultima pagina. Scoprirà così che l’obiettivo, ambizioso, è infine centrato.