L’alleanza tra PD e Bonino va oltre la sola visione europeista, sull’immigrazione linea meno rigida del previsto
Una visione europeista per l’Italia è ciò che sicuramente connota maggiormente l’alleanza tra i dem e la Bonino. Ciò nonostante, sembra che questa scelta potrebbe aver avuto, in realtà, radici più profonde del previsto.
Nel programma, infatti, sono inclusi alcuni riconoscimenti di merito ad importanti aspetti delle riforme già attuate negli ultimi anni, tra cui la flexsecurity introdotta con la Riforma Fornero, l’alternanza scuola-lavoro e il Piano “Industria 4.0”, che declinano una chiara presa di posizione su una serie di decisioni portate avanti dal Partito Democratico. La questione più delicata rimane ovviamente quella sull’immigrazione, in merito alla quale però non ci si scaglia in maniera drastica contro le misure del Ministro dell’Interno dem Marco Minniti.
L’articolata proposta politica sottoscritta dai Radicali (Bonino, Magi e Della Vedova) e da Centro Democratico (Tabacci), oltre a riprendere alcune battaglie storiche, come la legge sul fine vita o sulla legalizzazione delle droghe leggere – che in realtà ne costituiscono una parte quasi minima – include a sorpresa, come parte integrante, il testo “Un piano industriale per l’Italia delle competenze” a firma del Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e del segretario generale della Fim-Cisl Marco Bentivogli, (IlSole24Ore 12 gennaio 2018). Un Calenda che non sarà candidato alle elezioni ma che sarà comunque schierato in prima fila per l’intera coalizione di centrosinistra.
Da notare che, oltre alla “ricetta Calenda”, un’altra lancia spezzata a favore del Ministro sembra essere quella che si riferisce alla necessità di superare il “gioco dei veti” tra amministrazioni locali e centrali. Forse, proprio in riferimento alle tensioni sorte tra quest’ultimo e il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano (sulla questione Ilva). Non solo, viene rilanciata anche l’idea di una una governance della politica industriale, in grado di mettere a sistema le istituzioni pubbliche, le università, i centri di ricerca e le imprese.
Ma a parte i numeri e le argomentazioni fornite per ciascun punto, il filo conduttore è uno solo: all’Italia serve più Europa (riformata in senso più politico e meno burocrate). Un’Europa dei diritti, che sappia sconfiggere le disuguaglianze, ma anche un’Europa della crescita, votata all’innovazione tecnologica e alla ricerca scientifica, alla valorizzazione del patrimonio storico e ambientale, alla tutela della concorrenza in un mercato aperto e alla creazione di opportunità di lavoro.
E proprio sul lavoro, una tematica solitamente non così associata ai Radicali, +Europa si concentra molto, sostenendo che sia necessario costruire un vero mercato europeo, interdipendente e integrato, sperimentando forme di apprendistato e mobilità formativa a livello continentale, introducendo un sussidio di disoccupazione europeo, insistendo su mentoring e trasferimento delle competenze.
Il programma prende poi come punto di riferimento lo ius culturae, matrice di una società aperta che punta sui giovani, sul mondo della ricerca, e sulla modernizzazione infrastrutturale del Paese, compresa una privatizzazione delle imprese pubbliche che operano in mercati concorrenziali.
Bonino e seguaci propongono un’Italia con obiettivo “infrazioni zero” a livello comunitario, contro l’innalzamento di muri e l’incalzante populismo.