Va eliminata dalla faccia del web una notizia di scarso interesse, specie se risalente nel tempo e che non coinvolge personaggi delle istituzioni: a questa conclusione è giunta qualche giorno fa la Corte europea dei diritti dell’uomo, dovendo esprimersi in merito al ricorso di un automobilista che, più di 20 anni fa, aveva causato un incidente mortale. La notizia, a distanza di molti anni, era ancora presente sul web, e regolarmente indicizzata dai motori di ricerca non appena un qualsiasi utente inseriva come chiave di ricerca il nome e il cognome del malcapitato.
Il caso ricorda molto da vicino le vicende di Mario Costeja Gonzalez, lo spagnolo che con la sua causa a Google ha introdotto il “diritto all’oblio” nella giurisprudenza europea, ovvero la possibilità di ognuno a chiedere la cancellazione di notizie e fatti sul proprio conto presenti sul web.
Anche nel caso di specie, in un’edizione cartacea del 1994, un articolo sul quotidiano belga Le Soir riportava un incidente stradale che aveva causato la morte di due persone e il ferimento di altre tre. L’articolo menzionava il nome completo dell’autista, condannato per l’accaduto sei anni più tardi. Dopo aver pagato il debito con la giustizia, l’autista-omicida lasciò le patrie galere nel 2006, ottenendo anche un provvedimento di riabilitazione.
Peccato però che nel 2008 Le Soir creava una versione elettronica dei suoi archivi, mettendo a disposizione e accessibile a chiunque gratuitamente sul suo sito web proprio l’articolo dell’incidente. Nel 2010 il protagonista di questa vicenda chiedeva la rimozione dal web dell’articolo al quotidiano belga (o quantomeno di renderlo anonimo), richiesta rispedita al mittente dal giornale che, però, si rendeva disponibile a chiedere a Google di non indicizzare più la notizia.
Troppo poco. Dinanzi ai tribunali nazionali, l’autista spericolato citava il giornale chiedendo l’anonimizzazione dell’articolo, richiesta accolta nel 2013 dal Tribunale di primo grado e l’anno dopo anche dalla Corte di Appello. Anche la Cassazione, nel 2016, dava ragione all’automobilista, imponendo al giornale di togliere il nome dello sfortunato protagonista dall’articolo presente su Internet.
Secondo le Corti belghe, infatti, la presenza dell’articolo online è in grado di causare un danno grave e indefinito alla reputazione dell’automobilista, affibbiandogli una sorta di “fedina penale virtuale”, quand’egli non solo aveva scontato la pena dopo una condanna definitiva, ma aveva ottenuto anche una riabilitazione giudiziaria. Per questo tutti i gradi di giudizio avevano ritenuto che il modo più efficace per garantire il rispetto della sua vita privata, senza pregiudicare in modo sproporzionato la libertà di espressione del quotidiano, sarebbe stato quello di rendere anonimo l’articolo sul sito web del giornale, magari sostituendo il nome completo della persona con la lettera X. La Corte d’Appello aveva considerato, in particolare, il danno subìto dal conducente a causa della presenza dell’articolo online, visto il trascorrere del tempo (circa 20 anni) dalla sua pubblicazione originale e al fatto che la sua anonimizzazione sul sito web di Le Soir non avrebbe per nulla pregiudicato il testo dell’articolo originale.
Ma il giornale non ci stava, e ricorreva a Strasburgo alla Corte dei diritti dell’uomo, invocando il rispetto dell’art. 10 della Convenzione, ovvero il diritto per il quotidiano della “libertà di espressione” in merito al fatto accaduto venti anni prima, senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera.
La Corte, nella sua articolata sentenza, ha respinto ogni attentato alla libertà di espressione, ritenendo giusto il diritto per l’autista (seppur scriteriato) di vedere il proprio nome reso in forma anonima su un vecchio articolo di un fatto ormai non più di attualità, soprattutto in relazione al fatto che il protagonista della spiacevole vicenda non fosse un personaggio pubblico. La Corte però ha avuto modo di rassicurare tutti gli organi di informazione, specificando che l’affermazione di tale principio non comporta alcun obbligo per i giornali di controllare i propri archivi in modo sistematico e permanente alla ricerca di passate notizie e, se del caso, di cancellarne i nomi dei vecchi protagonisti, salvo naturalmente espressa richiesta in tal senso.